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  • Salmone alla piastra marinato all’india pale ale con chips di salvia su purè di patate e piselli

    Salmone alla piastra marinato all'india pale ale su pure di patate e piselli

    Chi mi conosce sa che sono un grande appassionato di birra. La prediligo di gran lunga al vino, anche durante il pasto. Penso di aver bevuto la mia prima pinta a 13 anni, forse addirittura non ancora compiuti, anche se non giurerei su quest’ultimo appunto. All’epoca c’era sicuramente meno attenzione su tutta una serie di cose relative all’infanzia e all’adolescenza e vedersi servita una lager ghiacciata al pub, anche quando i tratti somatici ti relegavano senza il benché minimo dubbio nella minore età, non era così scandaloso, né tanto meno inusuale. Questa predilezione, ad ogni modo, non ha conosciuto pause negli anni ed anzi, potrei affermare, senza paura di essere smentito, che si è accresciuta  a dismisura nel tempo. Non mi ritengo un intenditore, ma un bel po’ di cultura brassicola, posso dire di averla. Di natura essenzialmente empirica e molto meno didattica, chiaramente. Ad ogni modo, la birra, qualche volta, entra anche nei piatti che preparo. Ho scelto per una marinatura particolare, una india pale ale di stampo classico. Luppolata e con un amaro spiccato, secco ed erbaceo, a far da contrasto con tutti gli altri ingredienti del piatto che sono tendenzialmente dolci e per conferire quella leggera venatura amarostica al salmone.

    Ingredienti per due persone:

    Due tranci salmone da 250 gr ca

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Per la marinatura:

    Rosmarino q.b.

    Salvia q.b.

    Alloro q.b.

    Timo q.b.

    Prezzemolo q.b.

    Finocchietto selvatico q.b.

    Semi di finocchio q.b.

    Pepe nero in grani

    Pepe rosa in grani

    Un filo d’olio e.v.o.

    Una India Pale Ale da 33 cl

    Per il purè:

    Tre patate grandi

    500 gr di piselli freschi con baccello

    200 ml di latte

    40 gr di burro

    Sale q.b.

    Per le chips:

    Qualche foglia di salvia fresca

    Olio e.v.o. q.b.

    Partiamo dalla marinatura. Per il pesce non è necessario sia tanto lunga quanto quella per la carne. Possono bastare anche 8/10 ore, ovviamente rigorosamente in frigorifero. Ho utilizzato sia spezie fresche sia secche (non sono riuscito a reperirle tutte fresche).

    Immergete per bene il salmone sotto il livello della birra, a cui avrete già aggiunto la metà delle spezie. Quindi ricoprite il pesce con la restante parte. Tenete, come detto, in frigo per il tempo indicato. Tirate fuori dalla marinatura giusto una mezz’ora prima di cuocerlo, in modo da fargli rilasciare naturalmente parte del liquido che avrà assorbito.

    Nel mentre avrete avuto tutto il tempo per approcciarvi alle altre preparazioni. Per le chips di salvia, al solito modo, lavatene qualche fogliolina, asciugatele bene e spennellate con un velo leggerissimo di olio e.v.o., disponendole e distanziandole opportunamente su un foglio di carta forno. Una temperatura di 100° per circa 30 minuti dovrebbero essere sufficienti per renderle belle croccanti. Prestate sempre attenzione in questo tipo di preparazioni, per evitare che  brucino.

    Sbucciate i piselli e metteteli a lessare in acqua e sale. Contemporaneamente, ma chiaramente in altro recipiente, lessate anche le patate con tutta la buccia (lavatele bene, mi raccomando).

    Quando i piselli saranno cotti, ripassateli al mixer, aggiungendovi 3-4 cucchiai di acqua di cottura, fino ad ottenere una purea densa e perfettamente liscia. Lasciatene qualcuno intero per la decorazione.

    Schiacciate le patate, una volta cotte e sbucciate, con l’apposito utensile ed iniziate la preparazione del purè. Sciogliete in padella (o in un pentolino) il burro ed aggiungetevi le patate schiacciate e parte del latte. Il purè va lavorato con una cucchiaia di legno ed aggiungendo di volta in volta un po’ di latte per eliminare tutti i grumi della patata.

    Quando il vostro purè di patate sarà pronto, aggiungetevi la purea di piselli ed amalgamate bene. Aggiungete un altro poco di latte se necessario.

    Infine passate rapidamente alla preparazione del salmone. Ungete leggermente la piastra e portatela a temperatura (dovrà essere ben calda). Quindi fate andare i filetti di salmone per pochi minuti per lato.

    Salmone alla piastra marinato all'india pale ale su pure di patate e piselli

    Impiattate disponendo sul fondo del piatto il purè di patate e piselli, quindi adagiatevi sopra il salmone marinato alla IPA e decorate con le chips di salvia, i piselli interi lasciati da parte e qualche acino di pepe rosa.

    Bon Appetìt!

  • Risotto allo zafferano con cozze e gremolada

    Risotto allo zafferano con cozze e gremolada

    Trovo che meticcio sia una parola bellissima, non solo foneticamente. Geni che si mischiano tra loro per dar vita a qualcosa che è contemporaneamente più cose e allo stesso tempo una cosa nuova, indefinita, unica. Persone, animali, ma anche arte, cultura, società. Il mezzogiorno d’Italia, ad esempio, è luogo simbolo del meticciato, baricentro e fulcro del Mediterraneo, ha storicamente incarnato il prototipo di una cultura meticcia. Gli spostamenti via mare per secoli sono stati più agevoli e rapidi di quelli via terra e va da sé che le rotte marittime, da ovunque si partisse, venissero quasi calamitate verso le coste del Meridione. E questa storia ce la raccontano i tratti somatici delle persone, l’architettura delle città ed ovviamente la nostra amata cucina. Da meridionale, quindi, con i geni nel sangue di migliaia di generazioni di arabi, egizi, subsahariani, greci, iberici, francigeni (solo per restare ancorati agli ultimi tre millenni) non posso che sposare a pieno l’idea e la ricerca di una cucina meticcia, che mescola le tradizioni locali ad elementi spuri, che mai le sono appartenuti. Ecco, allora, come far arrabbiare i puristi rovinando un bel risotto alla milanese, cestinando l’ossobuco a favore di un volgare mitile. Proprio in questo modo qui.

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di riso carnaroli

    Zafferano in pistilli q.b.

    Un chilo di cozze

    Sale q.b.

    30/40 gr di burro

    Pepe nero in grani q.b.

    Per il brodo:

    Una patata grande

    Due carote

    Un gambo di sedano

    Una cipolla

    Sale q.b.

    Per la gremolada:

    Un ciuffo abbondante di prezzemolo

    Uno spicchio d’aglio

    Buccia di mezzo limone

    Olio e.v.o. q.b.

    Preparate il brodo vegetale al solito modo (salate l’acqua). Va da sé che ho evitato il brodo di carne, essendoci le cozze, quindi diciamo che possiamo pacificamente declassare questo risotto alla milanese a semplice risotto allo zafferano. Mettete in infusione in acqua tiepida i pistilli del fiore.

    Preparate nel frattempo la gremolada. Anche qui è necessaria una postilla, nella ricetta originale l’olio non c’è ed è qui presente solo per esigenze di copione. Nel vostro mixer inserite il prezzemolo (solo le foglie), l’aglio, la buccia di limone e il prezioso succo di olive. Fate andare fino ad ottenerne un pesto ben trito.

    Pulite le cozze da incrostazioni varie e rimuovete il bisso. Ripassate più volte sotto acqua corrente. Quindi fate schiudere in una padella ben calda a fuoco vivo (tenetela coperta con il coperchio).

    Filtrate l’acqua che avranno rilasciato e mettetela da parte. Sgusciate le cozze salvandone qualcuna intera (scegliete quelle più piene chiaramente) per la decorazione. Cominciate quindi a risottare. Primo step: la tostatura del riso in padella nel burro fuso.

    Versate i primi mestoli di brodo vegetale e fate asciugare di volta in volta. Quando il riso sarà ormai gonfio, diciamo a tre quarti della cottura, al posto del brodo versate l’acqua delle cozze.

    Quindi l’acqua dello zafferano (filtratela con un colino per evitare che i pistilli si riversino nel risotto).

    A cottura completa, aggiungete le cozze ed amalgamate per bene aggiungendo un altro ciuffettino di burro. Nel frattempo scaldate in un pentolino le cozze col guscio che avevate lasciato da parte.

    Impiattate punteggiando il risotto con la gremolada e decorando con due o tre cozze intere, qualche pistillo di zafferano e del pepe macinato grosso.

    Bon Appetìt!

  • Polpo ammuddicato al pistacchio su crema di cavolfiore verde e gorgonzola

    Polpo ammuddicato al pistacchio su crema di cavolfiore verde e gorgonzola

    Alle gioie del purpu ammuddicato mi introdusse qualche anno fa il mio caro amico Marcello, trapanese doc e cittadino del mondo. Chef emigrante per vocazione e uomo dalla sconfinata generosità, come solo un siciliano autentico sa essere. È un bel po’ di tempo che non lo sento e non sono neanche sicuro di dove sia in questo momento. Un’amicizia nata in maniera estemporanea eppure sincera. Mi piacerebbe riabbracciarlo prima o poi. Marcè se ci sei, batti un colpo! Impossibile non rivolgergli un pensiero ogni qual volta questo piatto è in tavola a casa Belli.

    Ingredienti per due persone:

    Un polpo da 800 gr ca

    100 gr di pistacchi tostati (con guscio)

    3 cucchiai di pan grattato

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.p.

    Pepe in grani q.b.

    3 foglie di alloro

    Mezzo cavolfiore verde

    30/40 gr di gorgonzola

    Finocchietto selvatico q.b.

    Dopo aver eviscerato il polpo, cominciate a lessarlo in acqua salata con l’aggiunta del pepe e dell’alloro. Per un polpo della grandezza indicata saranno sufficienti 45/50 min.

    Nel mentre lavate e mondate il cavolfiore e mettetene a lessare una metà.

    Sgusciate i pistacchi e tritateli per bene nel mixer (se non sono già salati aggiungete un pizzico di sale).

    Quando il cavolfiore sarà cotto, frullatelo, invece, col minipimer, aiutandovi con qualche cucchiaio di acqua di cottura per ottenere una crema liscia e non troppo fluida.

    Una volta cotto il polpo, tagliate le braccia dal resto del corpo e sezionate la testa.

    In un pentolino sciogliete, nella crema di cavolfiore verde, il gorgonzola, senza eccedere con la quantità visto il sapore forte di quest’ultimo (non dovrà essere predominante).

    Preparate a questo punto la muddica. Mescolate il pan grattato al pistacchio tritato. Fate andare in una padella antiaderente un fondo d’olio e mescolatevi il composto. Fate tostare leggermente.

    A questo punto, inserite in padella anche il polpo e fate aderire bene la muddica alla carne del mollusco. In ultimo aggiungete un po’ di finocchietto selvatico tritato finemente.

    Impiattate creando una base di crema di cavolfiore e gorgonzola, adagiandovi sopra le braccia del polpo ammuddicato. Completate sporcando il piatto con la muddica che resterà sul fondo della padella e decorate con un ciuffetto di finocchietto.

    Bon Appetìt!

  • Sartù di riso con fonduta di provolone del monaco

    Sartu di riso con fonduta di provolone del monaco

    Chi mi segue da un po’ e legge i miei leziosi orpelli preliminari alla ricette, sa della mia scarsa resistenza alla tentazioni di acquisto di prodotti tipici, in particolar modo quando mi trovo lontano dalla mia residenza abituale. Così dall’ultima puntatina nella mia amata città natale, ho riportato a casa una preziosa mezza luna di provolone del monaco. Sotto vuoto, per sfuggire alle rigide regole dell’aviazione civile e per non avere l’ansia di consumarla. Inutile che sbrodoli sulla qualità eccelse di questa vera e propria opera d’arte casearia dei Monti Lattari (nomen omen mica per caso) perché presumo che tutti ne abbiate goduto almeno una volta nella vita. Il connubio con il sartù, lo sformato di riso tradizionale della cucina partenopea, mi è venuto cazzeggiando sui social. Un amico aveva postato la foto di quello che aveva mangiato a pranzo e me ne aveva fatto venir voglia. Da lì una rapida controllatina al blog per assicurami che non l’avessi già proposto in un’occasione precedente e, a responso negativo, il piatto di questa settimana era già lì bello che definito.

    Postilla: per presunti puristi ed aspiranti ricercatori del santo graal del sartù, ne esistono diverse versioni, bianco con cuore rosso o totally red, con le polpettine di carne macinata o con i salumi (o con entrambe le cose). In realtà una ricetta originale, come quasi sempre avviene, non esiste, ma ogni famiglia e ogni territorio fa da sé. Non vi “ammoccate” (non so dirlo in italiano) tutto quello che trovate su internet.

    Ingredienti per due persone:

    Per il brodo:

    Una carota

    Una patata media

    Un gambo di sedano

    Mezza cipolla grande

    Sale q.b.

    Per il sartù:

    250 gr di riso carnaroli

    Una passata da 650 gr

    200 gr di piselli (precotti, peso sgocciolato)

    60 gr di salame Napoli (pezzo intero)

    60 gr di prosciutto cotto (fetta spessa)

    80 gr di provolone del monaco

    Un uovo sodo

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Parmigiano q.b.

    Burro q.b.

    Pan grattato q.b.

    Sale q.b.

    Basilico q.b.

    Per la fonduta:

    30 gr di burro

    150 ml di latte intero

    Farina 00 q.b.

    30/40 gr di provolone del monaco (grattugiato)

    Iniziate con la decorazione: la polvere di basilico. Al solito modo, in una teglia foderata con carta forno, disponete singolarmente e ben distanziate le foglioline di basilico. Fate seccare in forno a 70/80° (forno statico) per il tempo necessario, fino a che non si sbricioleranno facilmente al tatto (dovrebbero essere sufficienti 30-40 min.). Quindi polverizzate con l’ausilio di un mortaio e setacciate per eliminare eventuali residui fibrosi.

    Preparate il brodo al solito modo, mettete a cuocere un uovo sodo e fate un sugo di pomodoro semplicissimo. Soffriggete in un pentolino uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, fate asciugare il sugo a fuoco lento.

    Nel mentre preparate l’imbottitura, tagliando a dadini provolone, salame e prosciutto cotto.

    Spadellate, velocemente, in una padella con un po’ d’olio, i piselli. Quindi versatene due terzi nel sugo e tenetene da parte il restante terzo.

    Cominciate a risottare al solito modo. Sciogliete in padella il burro, fate tostare il riso per un minuto, quindi irrorate con il brodo, facendone assorbire un mestolo alla volta.

    Tenete il riso ben al dente, visto che dovrà essere ripassato anche in forno. Aggiungetevi, quindi, parte del sugo di pomodoro (due/tre mestoli dovrebbero bastare) e fate asciugare per bene. Completate con una leggera spolverata di parmigiano.

    Fate raffreddare il risotto per una decina di minuti e nel frattempo imburrate per bene e rivestite di pan grattato le terrine in cui andrete a cuoce il vostro sfornato. Quindi disponetevi il riso, lasciando un’ampia concavità per accogliervi l’imbottitura.

    Riempite con il salame, il cotto, il provolone del monaco, i piselli ed un pochino di sugo sul fondo. Ricoprite con altro riso, una leggera velatura di sugo e un’altra leggera spolverata di parmigiano. Infornate a 180° per 35-40 min.

    Poco prima di sfornare il sartù, preparate la fonduta di provolone del monaco. Preparate al solito modo una besciamella leggera, sciogliendo il burro, versandovi il latte, avendo cura di non farlo bollire, e addensando con la farina 00 (setacciatela prima di versarla). Girate di continuo con una frusta, durante tutta la preparazione, per evitare la formazione di grumi. Quindi in ultimo aggiungete il provolone del monaco precedentemente grattugiato.

    Tirate fuori dal forno il vostro sartù e capovolgetelo sul piatto di portata. Verrà via facilmente se avete fatto un buon lavoro con burro e pan grattato.

    Impiattate irrorando, dapprima con il sugo rosso, quindi con abbondante fonduta al provolone del monaco. Completate con la polvere e con due foglioline fresche di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Trottole con baccalà mantecato, olive taggiasche e crumble di noci

    Trottole con baccala mantecato olive taggiasche e crumble di noci

    Ho preso una breve pausa dalle mie produzioni culinarie, non per mancanza di voglia, ma perché me ne sono andato un po’ bighellonando per l’Italia, la nostra bellissima penisola, che offre bellezza ad ogni passo. Ad esempio son capitato qualche settimana fa nella stupenda Padova. Ci ero stato di passaggio una vita fa, senza vedere un granché. Devo dire che, invece, la città è davvero un gioiellino, da visitare assolutamente con almeno un week end pieno a disposizione, visto i numerosi punti di attrazione. Le botteghe di vari generi alimentari che sono disposte nelle gallerie sotto il Palazzo della Regione, uno degli edifici più importanti della città, hanno poi innalzato il tasso di goduria del sottoscritto con tanti prodotti tipici in esposizione, espressione della ricchezza agro-alimentare della territorio circostante. Da Padova mi son portato anche l’idea del piatto che vi presento oggi, rielaborazione del pranzo domenicale consumato in una trattoria appena poco fuori dal centro storico. Ho cercato di apportarvi qualche implementazione e di metterci un po’ di olio di gomito in più. Il risultato è questo qui.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di trottole (o altra pasta attorcigliata)

    300 gr di baccalà

    Olio e.v.o. (in abbondanza)

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Prezzemolo q.b.

    Due foglie di alloro

    Una trentina di olive taggiasche

    Uno spicchio d’aglio

    Una dozzina di noci

    Pan grattato q.b.

    Cominciate con lo sgusciare le noci per il crumble. Tritate quindi i gherigli nel vostro mixer, aggiungendovi un cucchiaio scarso di pan grattato.

    Otterrete un composto granuloso. Nel frattempo portate a bollore una pentola d’acqua e lessatevi il baccalà per 15/20 minuti a seconda dello spessore dei tranci.

    Scolatelo (conservate un bicchiere d’acqua di cottura) e ripulitelo da pelle e lische. Riducetelo a pezzetti grossolani.

    Avviate quindi l’annosa opera di mantecatura del baccalà. Aggiungendo di tanto in tanto, a filo, l’olio e.v.o. (alla fine ve ne servirà un bel po’) schiacciate dapprima con una forchetta, quindi con una frusta, fino a che il baccalà non sarà completamente in poltiglia. Aggiungete poco alla volta l’acqua di cottura e montate, sempre con la frusta (meglio se elettrica in questo frangente), per inglobare aria. Aggiungete in ultimo il prezzemolo tritato e ad aggiustate con sale e pepe.

    Mescolate per inglobare gli ultimi ingredienti e lasciate risposare. In una padella, quindi, in olio e.v.o. soffriggete uno spicchio d’aglio (toglietelo una volta imbiondito) e ripassate per un minuto o due le olive taggiasche precedentemente (o già) denocciolate.

    Nel mentre l’acqua della pasta arrivi a bollore, preparate il crumble. In una padella antiaderente fate tostare il composto a base di noci, aggiungendo un filo d’olio per compattare. Il crumble sarà pronto quando si sarà scurito in un bel colore fulvo.

    Scolate la pasta, conservando un po’ di acqua di cottura, che vi aiuterà a saltarla insieme alle olive e al baccalà mantecato fino alla giusta cremosità. Aggiungete in ultimo parte del crumble e amalgamate ancora un po’.

    Impiattate a vostro piacimento spolverando con abbondante crumble di noci.

    Bon Appetìt!

  • Seppia ripiena di patate e broccoli con hummus di piselli

    Seppia ripiena di patate e broccoli con hummus di piselli

    La seppia è un essere abbastanza immondo, diciamoci la verità. Ravanargli nella testa con le mani cercando di far attenzione a non farle esplodere le sacche del nero è l’esperienza quanto più vicina ad un’autopsia che si possa vivere in cucina. Il che non vuol dire che cotanto sforzo, più di stomaco che fisico, si intende, non valga la pena di essere affrontato se poi la ricompensa sono le sue carni bianche e sode. L’idea che sottendeva alla preparazione di questo piatto, invece, come è facile intuire, era di scomporre un piatto classico della cucina italiana, dandogli nuova forma. Un giochino che ripeto spesso e volentieri per tenere in allenamento la creatività.

    Ingredienti per due persone:

    Due seppie di medie dimensioni di circa 300 gr cadauna

    Due patate

    Metà broccolo medio

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Una fettina di provola

    Pan grattato q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Per l’hummus:

    250 gr di piselli precotti

    Olio e.v.o.

    Due fettine di aglio

    Sale q.b.

    Due cucchiaini di succo di limone

    Un cucchiaio di tahina

    Semi di papavero q.b.

    Cominciate con il lessare le patate (con la buccia) e i broccoli, separatamente. Quando le patate sono morbide, toglietele dal fuoco, privatele della buccia e schiacciatele con l’apposito utensile, ripassandole una seconda volta per ottenere un composto di maggiore sofficità. Una volta pronti, scolate anche i broccoli e lasciate raffreddare. Mettete a lessare per una decina di minuti, nel frattempo, anche i piselli precotti, che andranno scolati per bene a fine cottura.

    Pulite le seppie, eviscerando la testa (cercate di non rompere le sacche col nero, altrimenti la fatica sarà doppia), quindi rimuovete l’osso e la pelle. Stesso epilogo per quel che riguarda occhi e bocca.

    Per la preparazione dell’hummus, passate tutti gli ingredienti elencati (ad eccezione dei semi di papavero che sono solo di decorazione) nel vostro mixer, fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Ricoprite con un filo d’olio e lasciate riposare. Per la preparazione del ripieno, invece, cominciate con unire le patate schiacciate e i broccoli, impastando grossolanamente.

    Ripassate in padella, in olio e.v.o., velocemente i tentacoli e le braccia delle seppie. Quindi aggiungetele al ripieno insieme a qualche dadino di provola (va bene anche quella secca), al sale e al pepe.

    Riempite a mo’ di barchetta le teste delle seppie con il ripieno così ottenuto. Stringete la parte aperta con uno stuzzicadenti e mettete in teglia, spolverando leggermente con pan grattato ed aggiungendo qualche altro pezzetto di provola. Irrorate con l’olio in cui avete soffritto i tentacoli (non sprecatene altro). Fate andare in forno per 20/25 minuti a 180°. Ultimi 5 minuti con il grill per gratinare meglio la superficie.

    Impiattate  a vostro piacimento accompagnando con l’hummus di piselli (decorate con semi di papavero).

    Bon Appetìt!

  • Scaloppine di tonno al bergamotto e bietole a costa rossa ripassate in padella

    Scaloppine di tonno al bergamotto e bietole a costa rossa ripassate in padella

    Le bietole: la verdura più odiata da giovani, vecchi e bambini. Non ne conosco l’etimologia, ma ritengo non debba essere particolarmente nobile. E anche se non esiste una consolidata associazione metaforica che le riguarda, se definissi qualcuno una bietola, tutti penseremmo che mi stia riferendo ad una persona stupida, insipida, priva di nerbo nella migliore delle ipotesi. Eppure basta davvero poco per renderle un poco più aggraziate. Insaporendole con qualche ingrediente di carattere che trasferisca la sua personalità all’esangue verdura. Ad esempio…

    Ingredienti per due persone:

    Per le scaloppine:

    2 tranci di tonno rosso da 200 gr cadauno

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Farina 00 q.b.

    Un bergamotto

    Per il contorno:

    Un fascio di bietole a costa rossa

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Una punta di peperoncino

    3-4 filetti di acciuga

    Cominciate col mondare e lavare le biete, separando le coste dalle foglie.

    Mettete a lessare in acqua salata, dapprima, le coste che hanno un tempo di cottura più lungo (circa 20/25 minuti), quindi, una volta raccolte con l’aiuto di una schiumarola, nella stessa acqua, anche le foglie (basteranno 10 minuti o anche meno).

    Scolate per bene l’acqua in eccesso prima di ripassare in padella. Soffriggete uno spicchio d’aglio fino a farlo, come al solito, imbiondire. Quindi rimuovetelo ed aggiungete una punta di peperoncino e i filetti di acciughe, che si scioglieranno in un minuto o due. Quindi aggiungete le bietole e fatele insaporire col soffritto, facendole andare a fuoco medio per 5 minuti circa.

    Lavate per bene il bergamotto, asciugatelo con altrettanta accortezza e quindi grattugiatene la buccia con apposito utensile. Estraetene, poi, interamente il succo.

    Con un coltello ben affilato tagliate i tranci di tonno longitudinalmente, in modo da ottenere fettine più sottili. Per agevolarvi il compito, potreste precedentemente tagliare ogni trancio a metà. Quindi infarinate per bene le fettine.

    In padella soffriggete un altro spicchio d’aglio e, con l’olio ben caldo, fate andare le vostre scaloppine di tonno. La cottura, va da sé, è molto rapida. Fate andare da un lato per un minuto, aggiungete il succo del bergamotto, girate dall’altra parte e salate.

    Tirate quindi via le fattine e fate asciugare in padella il sughetto, aggiungendo un altro po’ di farina, se necessario, per addensare, avendo cura di aiutarvi con una frusta per evitare la formazione di grumi.

    Servite, impiattando a vostro piacimento, avendo cura di irrorare per bene le scaloppine di tonno con il sughetto al bergamotto e spolverando con la sua buccia grattugiata.

    Bon Appetit!

  • Fettuccine con pesto di noci, porcini, speck e toma di capra

    Fettuccine con pesto di noci di Sorrento porcini speck e toma di capra

    Difatti questo piatto, oltre ad essere un felice connubio tra il territorio dei Monti Lattari e quello di diverse regioni del nord, è il frutto di una crasi di regali natalizi ricevuti dal sottoscritto. Per la serie col cibo si va sempre sul sicuro. Da una bella scatola stile vintage che fa da scrigno a un po’ di chili di pasta di un noto pastificio di Gragnano, ho tirato fuori un pacco di fettuccine. Da un altro pacco di prodotti di una rinomata cascina del Parco Agricolo Sud di Milano, ho pescato, invece, un bel pacco di porcini secchi profumatissimi. Infine da un altro graditissimo dono made in Alto Adige arriva lo speck, qualità luxury, di un piccolo salumificio artigianale. Gli altri due ingredienti enunciati nel titolo sono gli unici che ho comprato, le noci di Sorrento, che per fortuna qui si trovano abbastanza facilmente (anche se le cilene, ahimè, vanno per la maggiore) e la toma di capra da una non ben specificata valle piemontese. Insomma un bel po’ di ingredienti per un piatto ricco di sapore e di prodotti buoni.

    Ingredienti per 2 persone:

    250 gr di fettuccine di Gragnano

    100 gr di noci di Sorrento (peso da sgusciate, con il guscio almeno il doppio)

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Una punta di peperoncino

    Sale q.b.

    70 gr di speck (tagliato a coltello)

    40 gr di porcini secchi

    70 gr di toma di capra

    Mettete a bagno, in acqua tiepida, i funghi per una trentina di minuti almeno. Nel frattempo sgusciate le noci.

    Per la preparazione del pesto di noci, inserite nel vostro mixer, i gherigli, un paio di fettine d’aglio (la quantità qui è sempre a vostra discrezione, io preferisco metterne poco per una questione di digeribilità e per non coprire troppo gli altri sapori), una punta di peperoncino, abbondante olio e.v.o. e una tazzina d’acqua. Tritate per bene fino ad ottenere un pesto omogeneo. Aggiustate di sale. Ricoprite con un altro filo d’olio e lasciate riposare.

    Fate soffriggere la parte restante dello spicchio d’aglio in olio e.v.o., quindi rimuovetelo una volta imbiondito, e fate andare i funghi porcini, irrorando di tanto in tanto con una tazzina dell’acqua in cui sono rimasti a bagno (filtratela con un colino), fino a cottura completa. Salate. Tagliate, quindi, a straccetti lo speck.

    Grattugiate in scaglie il formaggio di capra. Una volta pronta la pasta, prelevate un tazzone di acqua di cottura e scolate le fettuccine (ben al dente ovviamente). Saltatele in padella con il pesto di noci, la toma e i funghi, aiutandovi con l’acqua di cottura, fino ad ottenere la giusta cremosità.

    In ultimo aggiungete lo speck, che ho preferito non cuocere per non farlo seccare e lasciarlo nella sua bontà originaria, finendo di amalgamare per pochi secondi.

    Impiattate a vostro piacimento, aggiungendo un’altra abbondante spolverate di scaglie di toma di capra e un gheriglio di noce intero.

    Bon Appetìt!

  • Zuppa di fagioli cannellini con gamberi

    Zuppa di fagioli cannellini con gamberi

    Quando son tornato dalle ferie natalizie, trascorse ovviamente nella mia amata Napoli, in aereo c’era un pazzo, anche se forse era semplicemente ubriaco o più probabilmente entrambe le cose, che biascicava ad alta voce la qualunque in uno stretto dialetto torrese. In un colloquio a distanza con una nobildonna comasca (almeno da quanto ha millantato la signora) che gli dava corda, seduta un paio di file più in là, il tipo le ha chiesto più volte, tra i tanti nonsense fuoriuscitigli da bocca, se avesse mangiato mai ‘a zupp’ ‘e fasule, sciorinando, ad onor del vero, anche notevole competenze sulle tecniche di preparazione della suddetta. Al di là dell’imbarazzo generale del momento, l’episodio mi ha riportato indietro di un bel po’ di anni. La zuppa di fagioli era, infatti, uno dei piatti preferiti di mio padre. Non si limitava a mangiarla, ma ci teneva a prepararla da sé, con sincero diletto, non solo suo, ma anche del sottoscritto. Ora è inutile dire che son sbarcato a Malpensa con questa irrefrenabile voglia nella testa e già sulla strada del ritorno avevo pianificato il tutto. Per fortuna sono riuscito a trovare, a peso d’oro naturalmente, un filone di pane napoletano al supermercato. Non si trova sempre, anzi lo si trova piuttosto raramente e solo in un punto vendita di quelli della mia zona, ma appena l’ho visto da lontano, ho esultato come ad un gol di Mertens e ne ho agguantato un pezzo in corsa. Non vi stupite di tanto entusiasmo. Per un napoletano, ma più in generale per un uomo del Sud, il pane di Milano è ascrivibile alla voce sciagura. Davvero non mi capacito di come riescano a farlo così una schifezza. Acqua, Farina, lievito e un po’ di sale, l’alimento più semplice e più antico del mondo, eppure qui è un disastro: inconsistente, etereo, con la crosta o floscia o che si sgretola al tatto. Un mistero imponderabile.

    Postilla: quella che segue è la ricetta originale di casa Belli, arricchita per l’occasione, per pure vezzo creativo e per dare un tocco di cromaticità in più, dalla presenza di simpatici crostacei, che per praticità o gusto, potrete tranquillamente omettere.

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di fagioli cannellini secchi

    Pane raffermo

    Sale q.b.

    Olio e.v.o.

    Peperoncino q.b.

    Origano secco q.b.

    Due spicchi d’aglio

    6 gamberi di medie dimensioni

    Mettete a bagno i fagioli 24 ore prima per reidratarli. Il giorno seguente, lessateli in acqua salata per circa un’ora (dovranno essere morbidi al palato e schiacciarsi facilmente sotto la pressione di una cucchiaia).

    Una volta cotti, prelevatene la quarta parte e frullatela.

    Aggiungetela quindi agli altri fagioli e, nel caso la zuppa sia troppo fluida, fate asciugare un altro po’ a fuoco vivo. Aggiustate di sale se necessario. Nel mentre tagliate il pane raffermo in spesse fette e strofinatele con uno spicchio d’aglio tagliato a metà. Tagliate le fette in tocchetti abbastanza grossi.

    Sgusciate i gamberi e passateli in padella, dopo avervi soffritto uno spicchio d’aglio. Fate andare per un minuto o due da entrambi i lati.

    A questo punto assemblate la zuppa. Nel fondo del piatto inserite i tocchetti di pane aromatizzati all’aglio, versateci sopra i fagioli con la loro acqua, aggiungeteci un po’ di peperoncino tritato ed un’abbondante spolverata di origano secco. Completate il piatto inserendo i gamberi e irrorando la zuppa con il loro sugo che avranno rilasciato in padella, al posto dell’olio a crudo come da ricetta originale.

    Bon Appetìt!

  • Felafel al rosmarino con tzatziki al cedro

    Felafel al rosmarino con tzatziki al cedro

    Cominciamo col dire che sono il Grinch e per quanto la mia morale condivida lo spirito di pace, amore e generosità del Natale, stento a capire tutti i lustrini e le convenzioni che ne fanno da orpello. Nonostante tutto, in linea con le festività, avrei voluto comunque preparare qualcosa di riconducibile al Natale, ma ahimè, il covid (di cui mi sono finalmente liberato dopo la sopraggiunta tanto agognata negatività) ha scombussolato i miei piani. Avevo questi ceci secchi, con cui mi ero ripromesso di fare prima o poi dei felafel ed, in linea allo spirito altrettanto nobile “vabbuò ma teng’ a verè cu stu Natale”, i miei propositi si sono casualmente incrociati con l’arrivo di Santa Claus. Sotto l’albero allora delle simpatiche polpettine medio-orientali (che poi a pensarci è anche un bel messaggio di comunione e fratellanza tra popoli, no?).

    Ingredienti per 2/3 persone (circa 15 felafel):

    200 gr di ceci secchi

    Prezzemolo q.b.

    Rosmarino q.b.

    Un quarto di cipolla

    Un cucchiaio di farina di ceci

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Curcuma q.b.

    Olio per friggere

    Per lo tzatziki:

    150 gr di yogurt greco

    Un cedro

    Aneto q.b.

    Un cucchiaio di olio e.v.o.

    Sale q.b.

    Cominciamo col fare una premessa: questa non è la ricetta originale dei felafel, ma modellata secondo disponibilità degli ingredienti e soprattutto secondo i miei gusti. In particolare nutro un odio abbastanza consolidato con il coriandolo (basilare in quelli tradizionali), motivo per cui ho deciso di sostituirlo col rosmarino (che è anche più profumato). Va da sé che anche lo tzatziki abbinato è una mutazione di quello classico. Ma chi mi segue da un po’ sa che non è mia intenzione di riscrivere la Bibbia della cucina, qui ci trovate un po’ di idee diverse che se vi va, potete riproporre a casa vostra (e la cosa mi onorerebbe assai).

    La preparazione parte 48 ore prima, il tempo necessario alla fase di ammollo dei ceci. Considerate che questi non vanno cotti in alcun modo, è pertanto necessario reidratarli a dovere per conferire all’impasto la giusta umidità (usando quelli in barattolo, ad esempio, si rischia di non riuscire a compattarli perché troppo ricchi d’acqua). Passate le 48 ore, asciugateli con un canovaccio e teneteli all’aria per un altro paio d’ore (in modo che si asciughino completamente).

    Ripassateli quindi al mixer per qualche minuto, in modo che il composto risulti abbastanza omogeneo e solo leggermente granuloso.

    Al mixer ripassate anche il prezzemolo, il rosmarino (fresco e solo gli aghi, mi raccomando) e la cipolla fino a formare un trito che aggiungerete ai ceci insieme al sale, al pepe, alla curcuma (per dare un po’ di colore) e a un cucchiaio di farina di ceci (servirà per compattare meglio le polpette).

    Rimestate fino ad ottenete un impasto omogeneo. Quindi prendetene la quantità che starebbe più o meno su un cucchiaio, compattatelo tra le mani e formate le vostre polpettine, prima dandogli la classica forma sferica, poi schiacciandoli sotto i palmi per conferirgli la tipica forma semi-cilindrica dei felafel.

    Passiamo, quindi, alla preparazione dello trzatziki. Ho trovato questo bellissimo e profumatissimo cedro e con fare furtivo, l’ho portato a casa come se avessi rubato un piccolo tesoro (si fa per dire, ovviamente l’ho pagato e neanche pochissimo). Lavatelo per bene, asciugate la buccia con dovizia e grattugiatela con l’apposito utensile (ne ho prelevato prima una piccola sezione, a dire la verità, per poterla utilizzare come decorazione). Estraetene quindi il succo.

    Aggiungete quindi allo yogurt greco, l’aneto opportunamente sminuzzato, un cucchiaio di olio di oliva, due di succo di cedro, parte della sua scorzetta grattugiata e un pizzico di sale. Mescolate per bene e lasciate riposare.

    A questo punto non dovrete far altro che aspettare ora di pranzo per friggere il felafel (vanno consumati rigorosamente caldi). Portate a temperatura l’olio ed immergete le polpettine fino a perfetta indoratura. Asciugate su carta assorbente.

    Impiattate a vostro piacimento decorando con una sezione di cedro e un ciuffetto di aneto. Spolverate lo tzatziki ed il piatto di portata con la restante parte di scorzetta grattugiata. Intingete i felafel ben caldi nella salsa prima di mangiarli (raccomandazione doverosa).

    Bon Appetit!