Category: Vegetariani

  • Spaghetti aglio, olio e peperoncino con bottarga di tonno su crema di melanzane e menta (babaganoush)

    Vedo rientrate la mia compagna col musone dopo il lavoro. Capisco subito. Anche oggi ha avuto un’altra pausa pranzo da incubo. Purtroppo il livello della ristorazione nei pressi del suo ufficio lascia a desiderare a dir poco. “Avevo ordinato un semplicissimo spaghetto con la bottarga, come si fa?! Mi hanno portato la pasta scaldata con questa spolverata di bottarga sopra. Non un filo d’olio! Sciapi! Uno schifo!”. In stile brutalista, in pratica, senza concedere nulla alla fantasia, né soprattutto al decoro (che chiunque ha la pretesa di fare ristorazione, per quanto alla buona, dovrebbe comunque infondere ai suoi piatti). È nata così questa puntata, “poi te li rifaccio io”, è stata la mia promessa. Ed eccoci qui.

    Postilla: il babaganoush, per chi non fosse avvezzo a queste amenità etniche (non che io lo sia) è una crema di melanzane aromatizzate con menta molto diffusa nella cucina mediorientale. Io l’avevo provata in un ristorante libanese qualche mese fa e devo dire che mi era piaciuta tanto.

    Postilla bis: per prepararla ho messo qualche foglia di menta in più rispetto a quante solitamente se ne dovrebbero utilizzare, questo per avere più contrasto con il peperoncino, che era davvero piccante (da far ballare la scala di Scoville). È sempre importate conoscere il potenziale del peperoncino che si sta usando. 😉

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di vermicelli

    2/3 spicchi d’aglio

    Peperoncino q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Bottarga di tonno q.b.

    Sale q.b.

    Un ciuffetto di menta per la decorazione

    Per il babaganoush:

    Una melanzana tonda

    Una dozzina di foglie di menta

    Paprika q.b.

    Un paio di cucchiai di tahina

    Una spruzzata di succo di limone

    2/3 fettine di aglio

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Cominciate, ovviamente con un po’ di anticipo, a preparare il babaganoush. Prendete la vostra melanzana, incidetela con una croce sulla punta e perforatela più volte con un coltello o con una forchetta. I buchi serviranno a far perdere parte del contenuto d’acqua contenuta nella polpa. Mettetela in forno a 190° per un’ora/un’ora e un quarto. A metà del tempo, giratela dall’altra parte per rendere omogenea la cottura.

    Quando sarà appassita, toglietela dal forno e spellatela (la buccia verrà via facilmente), tagliate la polpa in pezzi e ripassatela in un colino con l’aiuto di un cucchiaio per farle perdere l’acqua residua.

    La tahina ha un ruolo importante in questa preparazione, servirà a uniformare la crema, rendendola liscia ed omogenea. Se non ne avete, potete fare senza, ma la salsa verrà meno compatta e un po’ grumosa. Ad ogni modo mettete nel mixer la polpa di melanzane, la tahina, le foglie di menta, una spolverata di paprika, una spruzzata di succo di limone, due/tre fettine d’aglio (preferisco sempre non esagerare per non rendere creme e pesti troppo pesanti e poco digeribili) e un filo d’olio e.v.o.

    Fate andare alla massima velocità fino ad ottenere una crema perfettamente liscia. Quindi aggiustate di sale. Coprite con un filo d’olio per limitare l’ossidazione. A questo punto, dopo aver messo la pentola dell’acqua a bollire, preparate velocemente il condimento. Soffriggete due/tre spicchi d’aglio in abbondante olio e.v.o. e schiacciateli leggermente con una cucchiaia di legno per far aromatizzare in maniera più decisa l’olio. Quindi rimuoveteli una volta imbionditi.

    Pochi secondi prima di spegnere il fuoco aggiungete il peperoncino. Di quelli che avevo, ne ho messi due, molto piccoli, ma soprattutto molto forti. Fate attenzione sempre al grado di piccantezza del peperoncino che state utilizzando. Altro accorgimento: preferisco aggiungerli alla fine per non farli bruciare. Scolate la pasta a tre quarti cottura e completatela in padella aggiungendo un tazzone d’acqua di cottura degli spaghetti. Fate andare rimestando di continuo fino al formarsi della classica cremina.

    Aggiungete infine abbondante bottarga di tonno ed amalgamate per bene.

    Impiattate creando una base di babaganoush e disponetevi gli spaghetti sopra (dico spaghetti ma ho utilizzato dei vermicelli). Spolverate ancora di bottarga e decorate con un ciuffetto di menta.

    Bon Appetìt!

  • Pecorino alla pizzaiola con pomodoro giallo

    Vi avevo già detto delle ingenti quantità di pecorino trafugate in terra sarda. Si poneva, or dunque, la necessità di consumare il prezioso bottino per evitarne odiosi sprechi. È in siffatte condizioni di necessità che il cervello si arrovella nel trovare soluzioni alternative per evitare di proporre le solite ed ormai stucchevoli preparazioni. Per quanto semplice, l’idea che testé vi descriverò, da un’accurata ricerca in rete, sembra del tutto innovativa. Fatto che, non vi nascondo, ha suscitato in me profonda sorpresa, visto che ormai sembrano non esserci più abbinamenti inesplorati nel fantastico mondo dei blog di cucina e che se si digita, ad esempio, oscenità del tipo, ragù di cinghiale con vongole, vuoi vedere che non ne esce fuori qualcosa. Ad ogni modo, come vi dicevo, pare che pecorino e pizzaiola, sia un connubio ancora sconosciuto all’occhio onnisciente di google. Aggiungo, come postilla, che il pecorino qui utilizzato è stato acquistato direttamente in fattoria, dal produttore diretto, che abbiamo sorpreso con le mani nella cagliata quando ci siamo recati sul posto. Molto ruspante! Manco a dirlo il pecorino, di media stagionatura (7 mesi circa come ci ha edotto il fattore), era buonissimo.

    Ingredienti per 4 persone:

    4 fette di pecorino sardo di media stagionatura

    Una ventina di datterini gialli

    350 gr di passata di pomodoro giallo

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Origano secco q.b.

    Basilico q.b.

    Tagliate a metà i datterini e salateli dal lato della polpa. Soffriggete, quindi, in padella uno spicchio d’aglio e rimuovetelo una volta imbiondito.

    Aggiungete la passata di pomodoro giallo e i datterini e fate andare a fuoco basso per 30/40 minuti fino a restringere per bene il sugo. Poco prima di completare la cottura, aggiustate di sale.

    Aggiungete a fuoco spento l’origano. Tagliate, quindi, da un quarto di forma di formaggio, il pecorino in fette spesse 7/8 mm.

    In una padella antiaderente o su una piastra ben calda, fate abbrustolire velocemente le fette di formaggio da entrambi i lati, senza farle sciogliere troppo. Quindi aggiungetele al sugo per pochi secondi in modo da insaporire un minimo.

    Impiattate a vostro piacimento, aggiungendo un’ulteriore spolverata di origano e decorando con un ciuffetto di basilico.

    Bon Appetìt.

  • Malloreddus con crema di pecorino sardo, melanzane, peperoncini verdi e datterini gialli e rossi

    Malloreddus con crema di pecorino sardo melanzane peperoncini verdi e datterini gialli e rossi

    Faccio ammenda, non ero mai stato in Sardegna, un po’ per la mia smania di viaggiare in posti lontani, un po’ perché le vacanze di solo mare mi stufano presto. Quest’anno ci ho speso i due terzi dei giorni destinati alle sacrosante ferie estive e non me ne sono affatto pentito. Mare degno di un paradiso tropicale (non lo scopro io), linee di costa frastagliatissime e delle rocce stupende, plasmate, più che levigate, dalla tramontana in vere e proprie sculture naturali in cui non è difficile perdersi nel cercare di trovarvi forme riconoscibili come si fa quando, stesi su un prato con la testa all’insù, si osservano le nuvole scorrere, trasportate dai venti. Ma la bellezza di un posto, sta anche nei prodotti che il territorio sa offrire e di come questi, poi, vengono, portati in tavola. La terra sarda è patria per eccellenza del pecorino e basterebbe soffermarsi a questo (non tanto) piccolo particolare per configurarsi lo stato di estasi che mi ha pervaso per tutte le vacanze. Inutile dire che al ritorno, in aereo, uno dei bagagli a mano era già stato preventivamente destinato al trasporto di cotanta bontà. Non potevo esimermi, per il primo appuntamento dopo il rientro, di combinare qualcosa di profondamente sardo.

    Ingredienti per 2 persone:

    200 gr di malloreddus

    100 gr di crema di pecorino sardo

    3 melanzane

    300 gr di peperoncini verdi

    Una dozzina di datterini rossi

    Una dozzina di datterini gialli

    Olio e.v.o. q.b.

    Olio per frittura q.b.

    Due spicchi d’aglio

    Basilico q.b.

    Tagliate le melanzane a funghetto, portate a temperatura l’olio e friggetele il tempo necessario perché si dorino perfettamente. Asciugate su carta assorbente. Salate leggermente.

    Pulite i peperoncini verdi, eleminando le semenze al solito modo, ovvero incidendo lateralmente e, con l’aiuto di un coltello a punta, tirando via i semi. Se vi scocciate di pulirli, avete ovviamente la facoltà di lasciare i semi, ma non vi aspettate di avere il mio consenso. 😊 Friggete, quindi, i peperoncini ed asciugate bene su carta assorbente. Salate leggermente

    Tagliate i datterini a metà e salateli dal lato della polpa. Quindi soffriggete uno spicchio d’aglio e scottate appena i pomodorini senza sfaldarli.

    Veniamo ai nostri due ingredienti principali: i malloreddus, i classici gnocchetti sardi cioè, nella fattispecie lavorati con farina Senatore Cappelli e la crema di pecorino, non un formaggio spalmabile qualsiasi, ottimo anche per condire la pasta. Dopo aver buttato i malloreddus in acqua bollente, soffriggete in una padella un altro spicchio d’aglio.

    Quando i malloreddus saranno pronti (ben al dente mi raccomando), prelevate un tazzone di acqua di cottura e saltateli nella padella, aggiungendovi la crema di pecorino. L’acqua di cottura servirà a stemperare il formaggio e a farlo legare alla pasta. A fuoco vivace, fatela asciugare parzialmente.

    Completate aggiungendo in un secondo momento le melanzane e i peperoncini, quindi successivamente i pomodorini e qualche foglia di basilico spezzettato.

    Impiattate a vostro piacimento decorando con qualche altra fogliolina di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Risotto allo zafferano con zucchine e quartirolo stagionato

    Risotto allo zafferano con zucchine e quartirolo stagionato

    Ci sono formaggi che aspirano ad essere dei quadri, nella forma e nei fregi della crosta, intagli come quelli nel legno di una cornice di un’importante opera pittorica. Sono altre però le sensazioni che questi piccoli capolavori di arte casearia suscitano, olfattive principalmente e papillo-gustative, emozioni che nessun quadro vero, suo malgrado, riesce ad esprimere (affermazione questa da verificare, visto che l’arte moderna ormai ha provato di tutto e non mi meraviglierebbe che qualcuno abbia cercato di coinvolgere tutti i cinque sensi in qualche sua installazione). Sto parlando di due cugini, formaggi che hanno in comune, oltre alle forme già menzionate, la provenienza, il latte da cui è prodotto ed alcune caratteristiche organolettiche, che variano però, a seconda del grado di stagionatura. Uno di essi è arcinoto, diffuso nei banchi di salumeria di tutta la penisola ormai da tempo, ovvero il taleggio. L’altro, meno famoso e più tradizionalmente regionale è il quartirolo lombardo dop, nelle sue varianti di prima e di media stagionatura. Un formaggio tendenzialmente magro, ammesso ve ne siano (in realtà quando si parla di formaggio magro, qualunque esso sia, siamo ai limiti dell’ossimoro, a meno che non si riferisca a prodotti spalmabili iper-industrializzati che però hanno poco a che fare con la parola formaggio), a pasta morbida e leggermente granulosa che tende però alla cremosità via via che si va avanti con la stagionatura, dal gusto mediamente acidulo e dal profumo pungente. In questo semplice risotto che vi propongo recita, di sicuro, la parte dell’ospite d’onore…

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di riso carnaroli

    4 zucchine

    Zafferano in pistilli q.b.

    100 gr di quartirolo lombardo stagionato

    Parmigiano q.b.

    Sale q.b.

    Pepe nero q.b.

    40 gr di burro

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Per il brodo:

    Una patata grande

    Due carote

    Una cipolla

    Un gambo di sedano

    Sale q.b.

    Cominciate con il preparare il brodo vegetale al solito modo. Quindi mettete in infusione in acqua calda (ma non bollente) i pistilli di zafferano per farne scaricare pigmenti ed aroma (lasciatelo lì almeno un’ora).

    Tagliate le zucchine a tocchetti, quindi mettetele a stufare in padella dopo aver soffitto, in olio e.v.o., uno spicchio d’aglio che rimuoverete una volta imbiondito. Aggiungete un dito d’acqua per favorire la cottura.

    Cominciate a dar vita al vostro risotto. In una padella sciogliete il burro e fatevi tostare il riso per un paio di minuti. Quindi aggiungete le prime mestolate di brodo e fate asciugare di volta in volta.

    Nel frattempo grattugiate il formaggio quartirolo (rimuovetene la crosta prima).

    Quando il risotto avrà quasi terminato la cottura, anziché l’ultima mestolata di brodo, aggiungete l’acqua di infusione dello zafferano, filtrandola con un colino per evitare che i pistilli ormai scarichi finiscano nel risotto.

    Fate asciugare per bene, quindi aggiungete gli altri ingredienti. Dapprima le zucchine.

    Quindi il parmigiano e buona parte del quartirolo che avete grattugiato. Amalgamate per bene, aggiungendo in ultimo un’altra piccola noce di burro.

    Impiattate a vostro piacimento  spolverando con pepe nero macinato grossolanamente e con dell’altro quartirolo stagionato. Decorate infine con qualche pistillo di zafferano.

    Bon Appetìt.

  • Manfredi con la ricotta

    Manfredi con la ricotta

    Vulìo. È il termine dialettale che si utilizza per indicare una voglia latente di qualcosa, che piano piano si fa strada nella nostra testa, per poi finire la sua corsa, dopo un lungo peregrinare tra sinapsi e centri nervosi, proprio sotto il palato, trasformandosi in languorino. Se a Milano c’hanno Ambrogio con il suo vassoio di Ferrero Rouche, a Napoli teniamo più semplicemente ‘o vulìo. Così è capitato, come mi capita abbastanza di frequente d’altronde, che si insinuasse nell’ipofisi un pensiero, dapprima piccino e quasi impercettibile, poi sempre più impellente, che ha preso la forma di un bel piatto di manfredi con la ricotta, uno dei tradizionalissimi piatti domenicali tanto in auge all’intersezione tra il quarantunesimo parallelo nord ed il quattordicesimo meridiano est. Mò cosa dovevo fare, secondo voi? Ignorarlo? Non me la sono sentita, sinceramente. Mi perdonerete se per una volta depongo qualsiasi velleità di creatività/innovazione ed umilmente pongo i miei servigi alla corte della Tradizione (ed una sola maiuscola non basterebbe), ma credetemi, non c’era modo migliore per onorare il pranzo domenicale.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di manfredi (mafalde)

    Una conserva di pomodori del Vesuvio interi in passata da 550 gr.

    Uno spicchio d’aglio

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    200 gr. di ricotta vaccina

    Parmigiano q.b.

    Basilico q.b.

    Beh la ricetta è semplicissima e quasi mi vergogno a raccontarvela, ma per mera completezza ve la riporto comunque. Partiamo innanzitutto dalla scelta dell’ingrediente principale, la conserva di pomodoro. È indispensabile utilizzare un prodotto eccellente (e non solo per questo piatto qui). Guarda caso avevo ancora un preziosissimo manufatto de L’Orto Conviviale: pomodoro vesuviano intero in passata. Un prodotto più che biologico, frutto di un’agricoltura ragionata e genuina, l’esatto contrario delle produzioni muscolate dell’agroindustria dalla sproporzionata resa per ettaro e dall’utilizzo massiccio di prodotti chimici, che affollano, invece, i reparti dei supermercati. Non smetterò mai di tessere le lodi di queste piccole realtà che, con sacrifici e passione, offrono al mercato dei prodotti impareggiabili. Dopo le dovute premesse, passiamo al dunque. Non bisognerà far altro che preparare un semplicissimo sugo al pomodoro. Soffriggete in abbondante olio e.v.o. uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, quindi fate andare il sugo a fuoco basso per un’oretta, in modo che si restringa a sufficienza.

    Nel frattempo stemperate la ricotta con una forchetta, aggiungendovi il parmigiano. Quando il sugo sarà pronto, aggiungetevi, per un minuto o due, un ciuffetto di foglie di basilico.

    Tenete da parte un po’ di sugo. Scolate la pasta al dente, e ripassatela nella padella in cui avete preparato la salsa di pomodoro, aggiungendovi anche la ricotta. Amalgamate bene fino a che, quest’ultima non si sarà omogeneamente fusa al sugo.

    Passate ad impiattare i manfredi con la ricotta, aggiungendovi sopra qualche cucchiaio del sugo di pomodoro che avete messo da parte e completando con una fogliolina di basilico a decorazione.

    Bon Appetìt!

  • Flan di piselli freschi con fonduta di gorgonzola e chips di carote

    Flan di piselli freschi con fonduta di gorgonzola e chips di carote

    Con l’arrivo della primavera l’orto si riempie di nuovi protagonisti. L’inizio della stagione, quest’anno, è stato particolarmente mite, le fioriture sono letteralmente esplose nel giro di qualche giorno e nelle ore più calde del mezzodì sembrava che le temperature fossero più da solstizio d’estate che da equinozio di primavera. Ad ogni modo non si poteva mancare l’appuntamento con i primi piselli in baccello a cui, personalmente, riservo la stessa adorazione che un santone indù ha nei confronti  del dio Ganesh. Nell’attesa di spararmi nell’intimità una grande e classicissima pasta e piselli, mi sembrava il caso di ricordarvi che, tra le tante opzioni che si hanno a disposizione per preparare un flan, quello con i piselli è un must assoluto. Nella fattispecie quello approntato per voi aveva questo aspetto qui….

    Ingredienti per 4 flan:

    Un chilo di piselli con baccello

    2 uova

    Parmigiano q.b.

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    2/3 carote

    Olio e.v.o.

    30 gr di burro

    10 cl di latte

    70 gr di gorgonzola

    Basilico q.b.

    Sbucciate i piselli, risciacquateli e metteteli a lessare in acqua salata.

    Tagliate finemente le carote con l’aiuto di una mandolina o di altro utensile adatto all’uopo. Conditele con sale ed olio e.v.o. e disponetele su una teglia rivestita con carta forno, distanziando le fettine le une dalle altre. Infornate a 150° per circa 40 minuti per disidratarle e completatene la cottura a 200° per altri 5/10 minuti per renderle croccanti.

    Nel frattempo, quando i piselli saranno morbidi e si lasceranno schiacciare con facilità, scolateli per bene, fate freddare un pochino e passateli al mixer con le uova, il parmigiano e il pepe. Il composto dovrà risultare omogeneo e non eccessivamente fluido. Aggiustate di sale. Conservate magari qualche pisello intero per la decorazione.

    Imburrate gli stampini e versatevi il composto. Quando le chips di carote saranno pronte, sfornatele e infornate i flan. Anche qui i tempi  di cottura sono di una quarantina di minuti a 190° (non ventilato).

    Poco prima di sfornare i flan, preparate la fonduta di gorgonzola al solito modo. In un pentolino sciogliete il burro, scaldate il latte senza farlo andare in ebollizione, aggiungetevi il formaggio, aspettando si sciolga completamente (girate con una frusta di continuo).

    Flan di piselli freschi con fonduta di gorgonzola e chips di carote

    Impiattate rovesciando la formina del flan che scivolerà via con facilità. Versate della fonduta di gorgonzola a copertura e decorate con le chips di carote, qualche pisello intero e una fogliolina di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Zuppa di ceci, cavolo nero e funghi porcini con stick di pane di segale

    Zuppa di ceci cavolo nero e funghi porcini con stick di pane di segale

    E con questa si conclude la trilogia delle zuppe di verdure e legumi proposte per questa stagione invernale (se avete perso le puntate precedenti basta scorrere verso il basso la pagina del blog). Minestre calde per scaldare pancia e cuore dalle rigidità dei primi mesi dell’anno. Piatti a trazione contadina che però non rinunciano ad un pizzico di creatività. Veri toccasana, infine, per sbloccare le vostre viscere riottose (per chi ha di quei problemi, non il sottoscritto). Insomma, dei veri e propri jolly da calare in tavola tra le festività natalizie e quelle pasquali (stante la stagionalità delle verdure utilizzate).

    Ingredienti per due persone:

    2 fasci di cavolo nero

    250 gr di ceci lessati

    40 gr di porcini secchi

    Sale

    Olio e.v.o. q.b.

    Due spicchi d’aglio

    Una punta di peperoncino

    Un rametto di rosmarino

    Tre fette di pane di segale

    Mettete, innanzitutto, a bagno i funghi porcini secchi in acqua tiepida per una mezz’ora perché si reidratino. Nel mentre mondate e lavate il cavolo nero.

    Stufatelo al solito modo in una casseruola alta, dopo aver soffritto, in olio e.v.o., uno spicchio d’aglio ed avervi aggiunto una punta di peperoncino. Salate. Fate andare i ceci (pre-lessati) in acqua e sale, aromatizzando con un rametto di rosmarino.

    Verificate la cottura del cavolo nero e, a tempo debito, spegnete. Fate soffriggere un altro spicchio d’aglio e spadellate i funghi porcini (strizzateli prima di metterli in padella). Salate.

    Completate la cottura dei funghi, quindi tagliate le fette di pane di segale a stick e infornate su una placca a 180° per alcuni minuti per ottenere i vostri crostini.

    Assemblate quindi la zuppa, aggiungendo ai ceci il cavolo nero. Fate amalgamare per bene, quindi aggiungete i funghi ed amalgamate nuovamente.

    Impiattate a vostro piacimento, accompagnando con i crostini di pane di segale.

    Bon Appetìt!

  • Mezzanelli tagliati con funghi porcini, zafferano, Castelmagno dop e noci di Sorrento

    Mezzanelli tagliati con funghi porcini zafferano castelmagno dop e noci di Sorrento

    È facile farmi dei regali a Natale, basta puntare sugli alimentari e si va sul sicuro. Altro che ombrelli (che tra l’altro odio, tant’è che il mio inconscio me li fa dimenticare in ogni dove), sciarpe (che tra l’altro le odio e mai ho portato, l’unica che ho indossato e che continuerò a portare con orgoglio resterà quella del calcio Napoli) e biglietti della lotteria (odio anche loro perché ogni volta mi ricordano quanti al gioco sia totalmente sfigato). Così ogni anno torno a casa dalla cena della vigilia, manco se avessi svaligiato un supermercato con la testa già proiettata a pensare come impiegarli nei piatti delle settimane successive. Nella fattispecie, avevo un pacco di porcini secchi dall’odore e dal sapore eccezionale e un vasettino minuscolo di pistilli di preziosissimo zafferano, tutt’altra cosa rispetto a quello liofilizzato che si compra in bustina. Ad ogni modo queste due meraviglie sono confluite magicamente, senza che io facessi nulla perché avvenisse, in questo piatto qui…

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di mezzanelli tagliati di Gragnano

    40 gr di porcini secchi

    Pistilli di zafferano q.b.

    70 gr di Castelmagno dop

    Una dozzina di noci di Sorrento

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Un ciuffetto di prezzemolo riccio

    Innanzitutto mettete in infusione i pistilli di zafferano in acqua tiepida per un paio d’ore.

    Mettete in ammollo i funghi, invece, per una trentina di minuti per reidratarli.

    Nel mentre, sgusciate le noci e tritatele con l’aiuto di un mortaio.

    Grattugiate il formaggio Castelmagno dop.

    Soffriggete in padella, in olio e.v.o., uno spicchio d’aglio. Rimuovetelo quando sarà imbiondito e fate andare i funghi porcini che avrete, precedentemente, leggermente strizzato. Salate. Accingetevi anche a calare la pasta.

    Scolatela a tre quarti del tempo di cottura indicata sulla confezione, conservando un tazzone della loro acqua. Completate la cottura in padella, aggiungendo l’acqua in cui avrete messo in infusione i pistilli di zafferano e, se necessario, l’acqua di cottura della pasta conservata.

    Aggiungete dapprima le noci tritate ed il Castelmagno, quindi i funghi porcini. Saltate ed amalgamate per bene.

    Impiattate a vostro piacimento, completando con la decorazione di un ciuffetto di prezzemolo riccio.

    Bon Appetìt!

  • Spaghetti allo scarpariello

    Spaghetti allo scarpariello

    Accolgo il suono del citofono col batticuore. Finalmente è arrivato, deve essere per forza il corriere. Lancio le pantofole da qualche parte scalciandole via, inforco le scarpe da ginnastica e faccio le scale di corsa per l’irrazionale paura che si stanchi di aspettare e vada via. In realtà ci avrò messo 15 secondi, non di più. Accolgo il pacco direttamente dalle sue mani come un bambino al cospetto di babbo natale in persona. Mi son fatto spedire un po’ di cose da “L’orto conviviale”, le loro preziose conserve di pomodori in primis, ma anche un po’ di sottoli vari e una confettura. Non vedo l’ora di tirarle fuori da quella scatola e stiparle come prestigiosi trofei in dispensa. Le guarderò con orgoglio e giurerò di onorarle ogni qualvolta deciderò di prepararci qualcosa. Se non conoscete “L’orto conviviale” vi siete persi, almeno sinora, una bellissima storia di resistenza contadina, ma anche un motivo di esser fieri della vostra terra. Conosco personalmente Miriam che gestisce l’orto e ci lavora insieme al marito Vincenzo. Sono loro gli artefici di questa esperienza al limite della commozione. Sono due persone al di sopra della media, per quanto la loro modestia non gli permetterà di essere d’accordo con questa affermazione. Due persone lungimiranti, che da qualche anno, lasciando la routine del lavoro impiegatizio, hanno deciso di riscoprirsi contadini. Contadini responsabili, che puntano a valorizzare la biodiversità e la sostenibilità delle produzioni agricole, fautori della decrescita felice e della convivialità, per l’appunto, della vita in campagna. Sono loro stessi un’eccellenza del nostro territorio al pari dei loro favolosi pomodori pizzutelli del Vesuvio. Un patrimonio che andrebbe studiato e sostenuto, perché non si limita alla solo coltura agricola a fini commerciali, anzi semmai pospone quest’ultima all’aspetto culturale che sta dietro il loro progetto. Un progetto di crescita in termini di consapevolezza e tutela del territorio, di studio e promozione della biodiversità, di promozione di una serie di attività a latere che arricchiscono di significati il vivere la campagna. Vi invito a fare qualche ricerca in rete su questi due sognatori felici, ci troverete un sacco di interviste e di racconti sulle numerose attività di cui sono protagonisti e vi sfido a non innamorarvene!

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di spaghettoni di Gragnano

    Una conserva di pomodori a “pacchetelle” del Vesuvio da 580 gr

    Uno spicchio d’aglio

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Pecorino romano q.b.

    Pepe nero q.b.

    Una fetta di pane per la scarpetta

    Basilico q.b.

    Beh la ricetta è davvero semplice, d’altronde parliamo di uno di quei piatti che dalle nostre parti si definiscono sciuè sciuè, facili e veloci da preparare cioè. Insomma la inserisco per dovere bibliografico, ma sfido chiunque a non sapere come approcciare questa preparazione. Unica raccomandazione, non dimenticate quando deciderete di prepararla, una fetta di pane fresco per fare, dopo aver finito la pasta, una doverosa scarpetta. Innanzitutto bisogna procurarsi l’indispensabile materia prima, il pomodoro a pacchetelle che difficilmente si trova nella grande distribuzione (ma dalle premesse sapete a quale campanello bussare). Fate imbiondire in olio e.v.o. uno spicchio d’aglio, quindi, dopo averlo rimosso versate in pentola la conserva di pomodoro pizzutello.

    Fate andare a fuoco basso per una trentina di minuti scarsi. Non dimenticate a metà cottura di salare. Ovviamente il sugo dovrà restringersi parecchio, ma non seccare completamente. Grattugiate nel frattempo il pecorino.

    Quando la pasta sarà al dente, scolatela e rimettetela nella pentola per condirla con il sugo di pomodoro (non tutto, una parte conservatelo). Aggiungetevi anche una prima generosa manciata di pecorino e un abbondante spolverata di pepe nero, possibilmente macinato grosso.

    Impiattate a vostro piacimento, irrorando gli spaghetti con il restante sugo, completando con un’ ulteriore nevicata di pecorino, una macinata robusta di pepe nero e decorando con qualche fogliolina di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Timballo di pasta alla norma

    Timballo di pasta alla norma

    Dove eravamo rimasti, da quelle vacanze in Sicilia di un po’ di anni fa e dalle infinite squisitezze assaggiate. D’altronde se ricordo ancora i menù dopo oltre dieci anni, soprattutto io che tendo a dimenticare tutto, ci deve essere una motivazione più che valida. Se la pasta alle sarde furono ad appannaggio di quell’incantevole borgo che è Marzamemi, la pasta alla norma mi furono servite in una trattoria della barocca Noto, altra perla della provincia Siracusana e di Trinacria intera. In estate dopo tutto, non si può fare a meno di cedere alle avviluppanti untuosità della melanzana fritta. La si attende per un anno, ragion per cui, a costo di sudare l’anima davanti ad una padella ricolma di olio incandescente, se ne deve necessariamente abusare. Se la si intinge poi, nel sugo di pomodoro, il godimento è assicurato (il termine apotropaico “parmigiana” vi dovrebbe suggerire qualcosa).

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di ziti lunghi

    2 pelati da 400 gr grammi

    Ricotta salata stagionata q.b

    3 melanzane

    Parmigiano q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Olio per friggere q.b.

    Sale q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Basilico q.b.

    Preparate in primis il sugo, facendo soffriggere dapprima uno spicchio d’aglio in olio e.v.o (non lesinate). Fate cuocere a fuoco basso per un’ora e un quarto, facendo stringere per bene il sugo. A metà cottura non dimenticate di salare.

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    Portate a temperatura, in una padella, l’olio per friggere. Tagliate le melanzane a fette una alla volta e friggetele finché non saranno ben dorate da entrambi i lati.

    Timballo di pasta alla norma Timballo di pasta alla norma

    Asciugatele bene su carta assorbente. Quindi foderate di melanzane la vostra terrina di coccio (utilizzate del burro se di altro materiale), completamente sul fondo e disponendone a croce 4 fette lungo i lati.

    Timballo di pasta alla norma Timballo di pasta alla norma

    Calate gli ziti lunghi senza spezzarli (utilizzate una pentola sufficientemente grande) e scolateli ben al dente (dovendo ripassarli al forno non devono scuocersi). Conditeli con abbondante sugo (conservatene ad ogni modo un poco), il parmigiano grattugiato e la restante parte delle melanzane che non avrete usato per foderare la terrina. Quindi armatevi di pazienza e fate aderire gli ziti lungo la circonferenza della terrina. Tagliate invece in tre parti quelli per riempire la parte interna. Ricoprite con dell’altro sugo e una spolverata di parmigiano.

    Timballo di pasta alla norma Timballo di pasta alla norma

    Infornate a 180° per 30 minuti. Negli ultimi 5 minuti passate alla modalità ventilata. Preparate la ricotta salata da grattugiare sulla pasta.

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    Capovolgete la terrina sul piatto ti portata. Il timballo scivolerà via facilmente. Quindi conditelo con la restante parte di sugo, una generosa spolverata di ricotta salata grattugiata e decorate con qualche foglia di basilico.

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