Category: Secondi e contorni

  • Moscardini alla luciana con polenta

    Un piatto semplice che volevo realizzare da un po’. Non riuscivo però a trovare dei moscardini sufficientemente piccoli da fare alla luciana (e lo so, cose che ad un meridionale di mare possono sembrare banali, possono diventare montagne insormontabili qui ad un passo dalle Alpi). Mi scontravo sempre con delle specie di piovre che facevo fatica ad associare alla stessa specie di cefalopodi, roba oceanica sicuramente. Ad ogni modo alla prima occasione utile ne ho portato a casa 4 della dimensione giusta e sull’asse Pizzo Zupò-Punta Campanella ho preparato questo piatto qui.

    Ingredienti per 2 persone:

    4 moscardini piccoli

    2 conserve di pelati (pomodoro San Marzano)

    150 gr di polenta bramata

    Olio e.v.o.

    Uno spicchio d’aglio

    Una ventina di olive nere

    Una dozzina di capperi

    Sale q.b.

    30 gr di burro

    Prezzemolo q.b.

    Per prima cosa mettete a dissalare i capperi in acqua fredda. Eviscerate i moscardini dagli organi della testa, dagli occhi e dalla bocca. Quindi fate soffriggere l’olio in una padella profonda o in una casseruola, quindi intingete le braccia del moscardino, tirandolo su e giù, per farle arricciare al solito modo. Dopodiché riponetelo per intero in padella. Nel fare quest’operazione proteggetevi con un coperchio a mo’ di scudo. L’acqua che bagna l’animale, a contatto con l’olio bollente, produrrà un po’ di lapilli 😉

    Cominciate a preparare anche la vostra polenta se, come nel mio caso, era del tipo a cottura lunga. Altrimenti se ne utilizzate una istantanea che cuoce in pochissimi minuti, posticipate quest’operazione a fine cottura dei moscardini. Seguite le istruzioni di cottura sulla confezione. Completate aggiungendo con una noce di burro.

    Dopo aver fatto rosolare velocemente i moscardini, versateci i pelati, schiacciandoli con una cucchiaia di legno e fate andare a fuoco basso per una quarantina di minuti ovvero fino a quando il sugo si sarà sufficientemente ristretto. A metà cottura aggiungete anche le olive nere, che avete precedentemente denocciolato e i capperi opportunamente strizzati. Salate. Completate con una prima manciata di prezzemolo fresco tritato finemente.

    Impiattate a vostro piacimento, preparando un letto di polenta su cui adagiare i moscardini alla luciana. Un’ultima spolverata di prezzemolo tritato a completare.

    Bon Appetìt!

  • Felafel di lenticchie e guacamole di zucca

    Felafel di lenticchie e guacamole di zucca

    Questo è un viaggio che inizia a Beirut, in una vecchia bottega di street food locale ad un incrocio polveroso, attraversa rapidamente il Mediterraneo, dove raccoglie dalle nostre parti elementi spuri della nostra tradizione contadina e termina direttamente al sole di Cancùn, su una spiaggia manco a dirlo, riparati all’ombra di un capanno, perché no, accompagnandosi ad un bel Margarita fresco e dissetante. Un piatto fusion, questa volta tendenzialmente etnico, un po’ scombinato, un esempio di meticciato culinario, dove i confini svaniscono e culture, geograficamente lontane, si accoppiano pacificamente.

    Ingredienti per tre/quattro persone:

    Per i felafel (16/18 pezzi circa):

    200 gr di lenticchie secchie

    Due fette di cipolla bianca

    Prezzemolo q.b.

    Cumino in polvere q.b.

    Sale q.b.

    Farina 00 q.b.

    Olio per friggere q.b.

    Per il guacamole:

    Mezza zucca delica

    Un lime

    Un peperoncino dolce

    3-4 pomodorini

    Una fetta di cipolla

    Prezzemolo q.b.

    Sale q.b.

    Premessa: le ricette sono più o meno quelle originali con la piccola differenza che l’ingrediente principale di entrambe le preparazioni è un altro. 😊

    Cominciate con il tenere in ammollo le lenticchie per una notte intera. Quindi al mattino presto raccoglietele in uno strofinaccio e fatele asciugare per bene (esatto, non vanno cotte). Quindi inseritele insieme alla cipolla e al prezzemolo, al sale e al cumino, in un mixer.

    Fate andare fino ad ottenere un trito omogeneo. Aggiungete un po’ di farina se il composto vi sembra troppo ricco d’acqua. Servirà a compattarlo meglio. Formate delle polpettine sferiche, quindi schiacciatele tra i palmi per ottenere la caratteristica forma.

    Passate al guacamole. Tagliate la zucca (al posto dell’avocado) a metà. Privatela dei semi, quindi lessatela. Successivamente sarà un gioco da ragazzi privarla della buccia.

    Schiacciate la zucca con una forchetta e aggiungete il succo del lime. Tagliate finemente la cipolla, il prezzemolo, il pomodoro e il peperoncino molto finemente. Quindi amalgamate per bene ed aggiustate di sale.

    Non vi resta che friggere i felafel in olio ben caldo, fino alla caratteristica doratura in superficie.

    Impiattate a vostro piacimento.

    Bon Appetìt!

  • Zuppa di cavolo nero, lenticchie gialle e patate con pane all’uvetta.

    Zuppa di cavolo nero lenticchie gialle e patate con pane all'uvetta

    Sinceramente mi era sfuggita sinora l’esistenza di una varietà di lenticchie  di colore giallo. Le ho scoperte quest’anno in vacanza in Turchia, dove va per la maggiore una zuppa di lenticchie appunto, con una nota citrica per la presenza di limone, che si chiama corba (pronunciata ciorba), che è di un giallo ocra importante. Devo dire la verità, l’ho apprezzata molto, per quanto la discutibile cromaticità. Dato il mio naturale scetticismo però, pensando che mi stessero propinando qualche altro tipo di legume o chissà cos’altro che veniva tradotto impropriamente in inglese come lentils, ho fatto una ricerca in rete per capire effettivamente cosa stessi mangiando. È così ho colmato una lacuna. Le lenticchie gialle esistono e dopo mesi di ricerche, finalmente le ho trovate…

    Ingredienti per 3-4  persone:

    2 fasci di cavolo nero

    300 gr di lenticchie gialle decorticate

    Due patate grandi

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Una punta di peperoncino

    Uno spicchio d’aglio

    Mondate e lavate il cavolo nero. Mettetelo a stufare in una casseruola alta dopo aver soffritto uno spicchio d’aglio ed una punta di peperoncino.

    Sbucciate le patate e tagliatele a pezzi piuttosto grossi, quindi mettetele a lessare in acqua e sale. Nel frattempo risciacquate per bene le lenticchie gialle.

    Quando le patate saranno ormai facili da schiacciare aggiungetevi anche le lenticchie, che essendo decorticate cuoceranno in pochi minuti (una decina più o meno).

    Quindi aggiungete patate e lenticchie, con la loro acqua di cottura al cavolo nero che avete stufato, fate amalgamare bene ed insaporire per alcuni minuti (aggiungete un po’ d’acqua se questa fosse insufficiente). Aggiustate di sale. Tagliate quindi il pane all’uvetta, eventualmente potete tostarlo in forno se preferite.

    Servite in una piatto fondo o in una terrina, accompagnando la zuppa con i crostini di pane.

    Bon Appetìt!

  • Polpo glassato al miele e profumato al timo con stracciatela pugliese su crema di zucca

    Polpo glassato al miele e profumato al timo con stracciatella pugliese su crema di zucca

    Primi sentori d’autunno in un piatto con un’ambientazione calda ma anche con un tocco di freschezza. Perché se miele e zucca si proiettano direttamente in quelle serate uggiose in cui magari si fa un pensierino al plaid sepolto, chi sa dove, nell’armadio, timo e stracciatella danno quel sentore di brezza marina che risale sul bagnasciuga in un tardo pomeriggio di fine estate. È un mese particolare settembre, indeciso sul da farsi, se schierarsi dalla parte del caldo o del freddo, se scappare rapidamente dalla calura estiva o rifugiarsi dietro le finestre in casa a guardare la pioggia che viene giù. È un mese a metà, in cui finisce l’ennesimo anno della nostra vita e se ne dà il via ad un altro.

    Ingredienti per 4 persone:

    Un polpo da un chilogrammo circa

    Mezza zucca delica (400 gr circa)

    70 gr di stracciatella

    Due cucchiaini di miele

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Farina 00 q.b.

    Timo fresco q.b.

    Due foglie di alloro

    Qualche acino di pepe nero

    Portate a bollore l’acqua, insaporendola con l’alloro, gli acini di pepe ed il sale. Quindi immergetevi il polpo al solito modo, bagnando dapprima le braccia dell’animale, tirandole su e giù più volte, in modo che queste si arriccino. Quindi fate cuocere per 50/60 minuti, fino a che le carni non saranno piacevolmente morbide. Tagliate la zucca e lessatela con tutta la buccia (per questo come per altri tipi di zucca è preferibile tenerla in cottura). Basteranno una ventina di minuti.

    Eliminate la buccia della zucca che ora verrà via facilmente. Io ho utilizzato una zucca intera, conservando la parte non utilizzata per questa preparazione per un risotto, ma metà sarà più che sufficiente.

    Frullatela aiutandovi con un po’ d’acqua di cottura, per avere una crema densa. Aggiustatela di sale. In una padella scaldate l’olio e.v.o. quindi ripassatevi velocemente il polpo. Aggiungetevi poi un mestolo scarso di brodo di polpo (ricco di umori), il miele ed il timo fresco (sgranatene tre/quattro ramoscelli e utilizzate solo le foglioline).

    Togliete il polpo dalla padella ed addensate con un poco di farina, senza smettere mai di girare con una frusta. Il sugo dovrà restare bello fluido, appena cremoso. Ripassateci quindi nuovamente il polpo.

    Impiattate creando un fondo di crema di zucca, disponendovi sopra le braccia del polpo, irrorando con la salsina ottenuta, quindi sporcando con qualche cucchiaiata di stracciatella pugliese. Un ramoscello di timo fresco a decorazione, il tocco finale.

    Bon Appetìt!

  • Torre di farinata di ceci con sardine e paté di olive taggiasche

    Torre di farinata di ceci con sardine e pate di olive taggiasche

    Inizialmente doveva essere una millefoglie, ma poi la presenza di 5 piani ha fatto scattare in automatico l’upgrade a torre, denominazione meno seo friendly, ma sicuramente più evocativa. Era un po’ che non la mangiavo la farinata di ceci. Poi mi è capitato di riassaggiarla in un recente fine settimana trascorso in Liguria e, facendo mente locale, mi sono accorto di non averla mai proposta sul blog. Con un tocco marinaresco ed uno tipicamente della Riviera di Ponente, ecco un piatto che svetta prepotente sul Mar Ligure.

    Ingredienti per due persone:

    Per la farinata:

    200 gr di farina di ceci

    600 ml di acqua

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Rosmarino q.b.

    Per la farcitura:

    Una dozzina di sarde

    Semola rimacinata di grano duro q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    70 gr di olive taggiasche (preferibilmente sott’olio)

    Partite con l’aggiungere a filo l’acqua alla farina di ceci, girando incessantemente con la frusta per evitare il formarsi di grumi (magari prima con una forchetta, stemperate velocemente la farina, per rompere gli agglomerati di farina dovuti all’umidità).

    Rimuovete la schiumetta in superficie con una schiumarola e magari anche qualche grumetto che non sarete riusciti ad evitare. Lasciate riposare per almeno un paio d’ore (ma se sono 4 è meglio) e girate ogni tanto. Quindi salate, condite con abbondante olio evo e un po’ di rosmarino fresco (solo gli aghi).

    Cospargete la vostra teglia (una grande da 50 x 30 circa o due più piccole) di olio evo per evitare che la farinata si attacchi sul fondo, quindi versatevi il composto e mettete in forno alla temperatura massima (250 gradi senza ventilazione) per i primi 10 minuti circa al livello più basso del vostro forno, quindi per i restanti 7/8 a quello intermedio. Il risultato finale deve essere perfettamente asciutto e ben dorato in superficie.

    Nel mentre in cui la vostra farinata riposava, avrete avuto tutto il tempo per preparare il paté di olive taggiasche. Sarà bastato frullarle (o passarle al mixer se vi piace un composto più granuloso) con l’aggiunta di un po’ di olio e.v.o.

    Eviscerate e spinate le sarde, quindi infarinatele.

    Prima di friggere il pesce, riprendete la vostra farinata ancora calda e ritagliate, con l’aiuto di un coppapasta quadrato o di un stampino per biscotti di egual forma, gli strati di farinata che comporranno la vostra torre. Quindi prima di procedere all’assemblaggio, procedete a friggere velocemente il pesce. Stavolta ho preferito l’olio e.v.o. a quello di semi, trattandosi di pesce che cuoce velocemente. Asciugatelo su carta assorbente.

    Assemblate la torre, intervallando ad ogni quadratino di farinata di ceci, una spalmata di paté di olive taggiasche ed una sarda. Decorate con un rametto di rosmarino fresco e sporcate il patto con altro paté.

    Bon Appetìt!

  • Tagliata di tonno al pepe nero con salsa di capperi e menta e con peperoncini dolci

    Tagliata di tonno al pepe nero con salsa di capperi e menta e con peperoncini dolci

    Se siete capitati almeno una volta nella vita in quel piccolo gioiello di storia e cultura che è la città di Siracusa ed in particolare avete visitato il parco archeologico della Neapolis, avrete probabilmente notato una bellissima pianta spontanea che spunta dai grandi blocchi di pietra del teatro greco, dalle foglie carnose e tondeggianti. Ebbene quella pianta è quella del cappero, uno degli emblemi della botanica siciliana. Dalle Eolie alle più remote Pelagie, quando non è coltivata, invade con la sua prorompenza muretti a secco e roccia viva dando sfoggio a vere e proprie composizioni floreali spontanee. Inutile dire che cotanta bellezza non può che dar vita ad un frutto buonissimo (anche se quello che abitualmente mangiamo è il bocciolo della pianta, mentre il frutto vero e proprio si chiama cucuncio, più grande ma buonissimo anche quello), pilastro della cucina siciliana e ricorrente in gran parte di quella meridionale. In questo piatto gli abbiamo conferito freschezza abbinandolo alla menta. Salsina spettacolare che potrete utilizzare nei modi più svariati.

    Ingredienti per due persone:

    2 tranci di tonno da 200 gr ca cadauno

    Pepe nero in grani

    Olio e.v.o. q.b.

    250 gr di peperoncini dolci

    Uno spicchio d’aglio

    Sale q.b.

    Per la salsa:

    70 gr Capperi sottolio (o al naturale)

    Olio e.v.o. q.b.

    Una manciata di pinoli

    Una decina di foglie di menta

    Sale q.b.

    Lavate per prima cosa i peperoncini, tagliateli a metà ed eliminate i semi. Quindi spadellateli con olio e.v.o., dove avrete precedentemente fatto imbiondire uno spicchio d’aglio. Salate.

    Pe la salsa ai capperi, ho utilizzato dei capperi sott’olio. In via alternativa potrete utilizzare anche quelli al naturale da tenere a bagno nell’olio un paio d’ore. Sconsiglio vivamente di utilizzare quella sotto sale o quelli sotto aceto per chiare questioni organolettiche. Ad ogni modo frullate i capperi aggiungendo pinoli, menta e olio e.v.o. La salsa dovrà risultare omogena e sufficientemente fluida. Aggiustate eventualmente di sale.

    Tritate il pepe in grani con l’aiuto di un mortaio. Quindi asciugate i tranci di tonno e spennellate leggermente con olio e.v.o. in modo che il pepe aderisca più facilmente in superfice.

    Cospargete il vostro trancio di tonno con il pepe macinato da entrambi i lati. Scottatelo velocemente in padella (un paio di minuti a lato) in modo che resti rosa al centro. Salate da entrambi i lati.

    Tagliate il trancio di tonno a listarelle e servite a vostro piacimento, puntellando il piatto con la salsa di capperi e menta e decorando con qualche fogliolina di quest’ultima.

    Bon Appetìt!

  • Fagioli alla messicana con borlotti freschi

    Fagioli alla messicana con borlotti freschi

    Corsi e ricorsi storici. Uno squattrinato e, udite udite, giovane Daniele era solito passare negli anni 90 le sue vacanze estive con gli storici amici del liceo rigorosamente in campeggio. In lungo e largo la penisola, non c’è stata regione italiana che non sia stata terra di conquista per quell’allegra combriccola. Ad ogni modo, come ogni armata Brancaleone che si rispetti, i nostri eroi facevano dei loro punti forti la disorganizzazione e l’improvvisazione. Se vivere il campeggio richiedeva una certa capacità di organizzarsi ed acquisire delle metodicità, noi questa dote non la possedevamo affatto. Avevamo però un cucinino. I ragazzi dovevano pur sfamarsi d’altronde. Tra l’altro si mangiava difatti una volta al giorno ed alla sera si arrivava con una fame che avresti mangiato il tuo compagno di tenda. La scena di quando si andava a scolare la pasta era particolarmente patetica. Dall’alto della nostra incapacità, ad esempio non pensammo mai di procuraci un contenitore per scolarvi l’acqua dentro o, ancora meglio, una di quelle pentole con lo scolapasta incorporato. Così in due ci si allontanava di qualche passo dal nostro accampamento e mentre uno rovesciava il contenuto della pentola nello scolapasta, l’altro lo reggeva a gambe divaricate. Risultato piedi ustionati ed occhiali appannati, in una delle peggiori gag che Stanlio ed Ollio avrebbero mai potuto metter su. Mettere in scena questa triste rappresentazione ciclicamente quasi ogni sera, aveva, però un momento di riscatto, chiamiamolo una specie di lieto fine. La preparazione a fine vacanza di un piatto speciale, sempre lo stesso, una bomba ad orologeria pronta a ricaricare di fuoco i giovani draghi che credevamo di essere. Ebbene sì, proprio questo piatto qui, i fagioli alla messicana, un piatto di rara rozzezza, che aveva il suo simulacro nella scena di Terence Hill che li mangiava in Lo chiamavano Trinità. Non eravamo fighi come lui, tutt’al più lerci come lui, ma eravamo pronti a ruggire la nostra giovinezza!

    Ingredienti per due persone:

    600 gr di borlotti freschi (con baccello)

    Due fette di cipolla

    50 gr di guanciale

    300 ml di passata di pomodoro

    3 salsicce

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Peperoncino q.b.

    Sbucciate i fagioli e risciacquateli prima di metterli in cottura. Metteteli a lessare in acqua salata.

    Fate cuocere per un’ora e mezza circa. In un’altra pentola, mi raccomando antiaderente o adatta a cotture lunghe, soffriggete la cipolla tritata finemente ed il guanciale tagliato a cubetti.

    Quindi aggiungeteci il peperoncino (non vi indico la quantità, dipenderà dalla piccantezza di quello che state utilizzando, ma sappiate che il risultato finale dovrà assestarsi parecchio in alto nella scala di Scoville) e rosolateci le salsicce prive di budello e tagliate in grossi pezzi. Quindi aggiungeteci i fagioli e parte dell’acqua di cottura degli stessi (non ne mettete troppa, altrimenti ci vorrà tanto tempo per farla asciugare).

    In ultimo aggiungete il passato di pomodoro e fate cuocere a fuoco lento per almeno un’ora. Il risultato dovrà essere parecchio denso. Aggiustate eventualmente di sale.

    Impiattate a vostro piacimento, in una terrina, in un piatto fondo, in una scodella o per un’esperienza davvero roots, mangiateli direttamente dalla pentola, ma non dimenticate una quintalata di pane freschissimo da inzuppare dentro.

    Bon Appetìt!

  • Polpette al sugo

    Polpette al sugo

    Rosso come il magma che scorre nelle viscere del nostro vulcano, rosso come il fuoco che ci alimenta il cuore, rosso come l’ultimo tassello del tricolore. Ebbene sì! Porto a compimento la trilogia celebrativa per il nostro terzo scudetto. Dopo un piatto verde ed uno bianco, ecco quello rosso. E non poteva che essere un piatto super tradizionale, alla maniera napoletana, perfettamente sferico come quel pallone che ci fa perdere la testa. Allora signori, in alto i cuzzetielli, brindiamo da questa saporitissima coppa insudiciandoci di sugo. Siamo campioni d’Italia!

    Ingredienti per 10 polpette:

    400 gr di carne macinata (manzo)

    250 gr di pane raffermo

    Un uovo

    Parmigiano q.b.

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Una trentina di acini di uva passa

    Una trentina di pinoli

    Pan grattato q.b.

    Una passata di pomodoro da 700 ml

    Una conserva di pomodorini interi da 400 ml

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Basilico q.b.

    Per prima cosa mettete a bagno il pane raffermo, dividendolo in due/tre pezzi. Tenetelo in acqua almeno per una ventina di minuti. Quindi eliminate la crosta e strizzate per bene la mollica. In una scodella inserite tutti gli ingredienti per creare il composto base delle vostre polpette: la carne tritata, la mollica di pane, un uovo, abbondante parmigiano, sale e pepe.

    Impastate per bene fino a che il composto non sarà completamente omogeneo. Quindi strappatene un pezzo, compattatelo alla meglio sul palmo della mano e posizionatevi al centro tre acini di uva passa e tre pinoli.

    Compattate stringendo il pugno, passandola da una mano all’altra, quindi fate roteare la polpetta sotto i palmi delle due mani, in modo da conferirle una forma perfettamente sferica (troppo spesso si vedono polpette che assomigliano…vabbè non lo dico, ma ricordate le polpette sono per definizione sferiche, non sono ammesse forme naive). Quindi ripassatele nel pan grattato.

    In padella, in abbondante olio e.v.o. soffriggete uno spicchio d’aglio e rimuovetelo una volta imbiondito. Quindi friggete le polpette. Vi consiglio di friggerle tre-quattro alla volta, per avere lo spazio sufficiente per girarle e creare una crosticina uniforme su tutta la superficie. La crosticina è fondamentale, impermeabilizzerà le vostre polpette e sarete così sicuri di non spappolarle durante la cottura nel sugo.

    Una volta fritte tutte, copritele con la passata e la conserva di pomodori. E’ importante che le polpette cuociano immerse nel sugo. Ve ne avanzerà parecchio, vuol dire che, vostro malgrado, lo utilizzerete per un piatto di pasta il giorno dopo (ne sarete affranti lo so). Fate andare a fuoco lento per 30/40 minuti fino a che il sugo non si sarà addensato per bene (non le lasciate incustodite, mi raccomando, giratele ogni tanto). Poco prima di spegnere, aggiungetevi qualche foglia di basilico.

    Servite ben calde e munitevi di abbondante pane, possibilmente sfornato da poco, per una lussuriosa scarpetta.

    Bon Appetìt!

  • Parmigiana di asparagi bianchi

    Parmigiana di asparagi bianchi

    Volevo un piatto tutto bianco, con ingredienti bianchi che restassero bianchi. E ancora un piatto che richiamasse la tradizione della cucina italiana, ma che non fosse poi così scontato. Non è quindi una semplice parmigiana, né una semplice parmigiana di asparagi, ma una parmigiana di asparagi bianchi, varietà veneta che resta albina perché fatta crescere sotto terra. Una sposa orfana della fotosintesi, che emerge dall’oscurità e vede la luce del sole per la prima volta solo quando viene raccolta.

    Ingredienti per due/tre persone:

    800 gr di asparagi bianchi

    30 gr di provola

    Parmigiano (a volontà)

    40 gr di burro

    350 ml di latte

    Farina 00 q.b.

    Sale q.b.

    Premessa importante, procuratevi, se non l’avete, una terrina sufficientemente piccola che contenga 8/10 asparagi di larghezza e 3 fila in altezza. Cominciate a tagliare gli asparagi tutti approssimativamente della stessa lunghezza. Quindi lavateli per bene.

    Metteteli a lessare in un bollitore alto (salate l’acqua), per una decina di minuti o comunque per il tempo strettamente necessario perché i gambi si ammorbidiscano per bene.

    Preparate una salsa besciamella al solito modo. Sciogliete il burro, scaldate il latte, addensate con la farina, avendo cura di setacciarla prima di versarla e non smettendo mai di girare con una frusta per evitare il formarsi di grumi (salate infine).

    Una volta pronta, bagnate il fondo della terrina con la besciamella, quindi disponete un primo strato di asparagi, cercando di non lasciare spazi vuoti.

    Ricoprite con un velo di besciamella ed abbondante parmigiano. Quindi con qualche fettina sottile di provola, tagliata molto sottile (ho utilizzato quella secca per ovvie ragioni di emigrazione).

    Quindi ricoprite con un altro strato di asparagi e ripetete quanto fatto sopra.  Infine il terzo ed ultimo strato di asparagi, ricoperto da besciamella e da un’abbondante spolverata di parmigiano. Infornate a 180° (forno statico) per 20 minuti, quindi 5 minuti a forno ventilato, per colorare leggermente la superficie.

    Impiattate a vostro piacimento, lasciando prima riposare un po’ per far compattare meglio la parmigiana di asparagi bianchi.

    Bon Appetìt!

  • Involtini di triglia ammuddicati con scorzetta di cedro, finocchietto selvatico e curcuma su salsa al cedro

    Involtini di triglia ammuddicati con scorzetta di cedro finocchietto selvatico e curcuma su salsa di cedro

    Uocchie ‘e treglia, si dice, in dialetto, di una persona che ha lo sguardo di una persona non particolarmente sveglia all’apparenza. Vista così, se la fissiamo negli occhi, una triglia, in effetti, non ci colpisce per espressività. Ha, però, una livrea bellissima che la rendono ideale per un bel piatto scenico, pur non avendo di suo carni particolarmente pregiate. Tipicamente appronteremo un piatto dalle cromie centro-africane (vi siete mai soffermati sul colore delle bandiere degli stati sub-sahariani?) o di rimando da quelle raggae (eh sì c’è una connessione tra le due cose). Giallo rosso e verde. Un piatto che predica amore insomma. Let’s get together and fell all right!

    Ingredienti per due persone:

    Una dozzina di filetti di triglia

    80 gr di pan grattato

    Finocchietto selvatico q.b.

    Curcuma q.b.

    Un cedro

    Sale q.b.

    Olio e.v.o.

    Mezza tazza di latte

    Farina 00 q.b.

    Lavate per bene il vostro cedro, asciugatelo con altrettanta accuratezza e grattugiatene la scorza superficialmente (non anche la parte bianca sottostante per intenderci).

    Estraetene il succo e tritate finemente a coltello il finocchietto.

    In una padella, che pre-riscalderete, tostate leggermente il pan grattato. Aggiungetevi quindi il finocchietto tritato, la curcuma e le scorzette di cedro grattugiate (ho preferito tenerle fresche, anziché essiccarle al forno per perdere quanto meno profumo possibile). Mescolate per bene (aggiungete anche un pizzico di sale)

    Aggiungetevi quindi un filo d‘olio per ottenere un crumble sufficientemente granuloso ed umido.

    Sciacquate i filetti di triglia o, se siete dei cuochi che non devono chiedere mai, sfilettate i pesci da interi (ahimè io li ho trovati solo già belli e pronti). Salatene leggermente le carni. Cospargete i filetti di muddica (= crumble in siciliano) e formate un involtino chiudendolo con l’aiuto di uno stuzzicadenti.

    Una volta impacchettati tutti i filetti come si deve, ripassateli in  padella (dove avrete preriscaldato una quantità sufficiente di olio e.v.o. – non lesinate che il pan grattato assorbe), aiutandovi nel girarli con le punte degli stuzzicadenti che fuoriescono dall’involtino. Fate con delicatezza, per non rovinare la pelle.

    Nel frattempo, mettete il vostro partner o vostro figlio (fate voi) a preparare la salsina al cedro. Un filo d’olio, un po’ di latte, portate a temperatura, aggiungete il succo di cedro, cominciate ad addensare con poca farina 00, un cucchiaino alla volta (anche meno) avendo l’accortezza di setacciarla con un colino a maglie strette. Non smettete mai di girare con la frusta per evitare il formarsi di grumi. Solita storia, insomma.

    Impiattate, disponendo la salsina sul fondo del piatto, adagiandovi un po’ di involtini di triglia, sporcate il piatto con la muddica che sarà avanzata, decorate con un ciuffetto di finocchietto selvatico.

    Bon Appetìt!