Category: Primi

  • Scialatielli con pesto di pistacchi, gamberi e peperoncino fresco

    Scialatielli con pesto di pistacchio gamberi e peperoncino fresco

    Se tutti quelli che affermano di utilizzare esclusivamente pistacchi di Bronte ai fornelli o in pasticceria, lo facessero per davvero, allora la cittadina siciliana, che occupa solo una porzione del versante occidentale dell’Etna, dovrebbe essere grande più o meno quanto la Sicilia stessa. Per quanto questa varietà costituisca un prodotto di eccellenza, famoso nel mondo e giustamente marchiato come DOP, in realtà non si distingue per una produzione così ingente e la disponibilità che ne risulta, è piuttosto limitata. Basta fare un giro tra gli scaffali dei supermercati, ma anche nelle botteghe di alimentari che vendono prodotti più particolari, per rendersi conto che la maggior parte dei pistacchi disponibili sul mercato sono o di provenienza iraniana o di provenienza californiana. D’altronde il pistacchio non è un prodotto autoctono della piana catanese, ma indovinate un po’, come per molti altri prodotti siciliani, la sua coltura è stata introdotta nell’isola dai saraceni. L’importante, quando si sceglie di comprare dei pistacchi, è non comprare un prodotto stantio, con una data di scadenza troppo ravvicinata quindi, preferibilmente tostato e non sgusciato. Lo so non è la cosa più divertente da fare, sgusciare un milione di pistacchi, ma vale la resa di un prodotto di per sé buonissimo, indipendentemente dalla provenienza. Inutile dire che, se poi volete fare un figurone, oltre che spendere un occhio della testa, potete replicare il piatto che sto che proporvi con pistacchio di Bronte e gamberi di Mazara del Vallo, allora sì che potrete darvi delle arie…

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di scialatielli

    200 gr di pistacchi tostati e non salati (con guscio)

    Uno spicchio d’aglio

    Olio e.v.o. q.b.

    Una tazzina di latte intero

    Una punta di peperoncino essiccato

    Una dozzina di pinoli

    Una dozzina di gamberi di medie dimensioni

    Un peperoncino fresco

    Sale q.b.

    Basilico q.b.

    Sgusciate pazientemente i pistacchi e destinatene una piccola manciata alla granella che vi servirà per decorazione (andate facili di mortaio).

    Approntate la preparazione del pesto, inserendo nel vostro mixer la restante parte dei pistacchi, giusto due fettine tagliate da uno spicchio d’aglio (preferisco non esagerare quando preparo qualsiasi tipo di pesto per non renderlo troppo faticoso da digerire), una punta di peperoncino essiccato (o uno intero se non eccessivamente piccante), i pinoli, abbondante olio e.v.o. e una tazzina di latte. Fate andare alla massima velocità fino ad ottenere un composto granuloso ma compatto. Quindi aggiustate di sale e ricoprite con altro olio.

    Sgusciate i gamberi e saltateli in padella in olio e.v.o. (dopo avervi soffritto la restante parte dello spicchio d’aglio da cui avete prelevato le due fettine per il pesto di pistacchio, tanto per ribadire che non va buttato via niente). Quindi, una volta cotti, tagliateli a pezzetti (lasciatene giusto un paio per la decorazione).

    Nel mentre che gli scialatielli cuociano, tagliate a rondelle un peperoncino piccante fresco. Quindi, prelevate un tazzone di acqua di cottura, scolate la pasta al dente e saltate in padella coi gamberi e il pesto di pistacchi. Aiutatevi con l’acqua di cottura per rendere più fluido il condimento.  

    Impiattate a vostro piacimento, aggiungendo sugli scialatielli la granella di pistacchi, il peperoncino fresco e qualche fogliolina di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Risotto allo zafferano con zucchine e quartirolo stagionato

    Risotto allo zafferano con zucchine e quartirolo stagionato

    Ci sono formaggi che aspirano ad essere dei quadri, nella forma e nei fregi della crosta, intagli come quelli nel legno di una cornice di un’importante opera pittorica. Sono altre però le sensazioni che questi piccoli capolavori di arte casearia suscitano, olfattive principalmente e papillo-gustative, emozioni che nessun quadro vero, suo malgrado, riesce ad esprimere (affermazione questa da verificare, visto che l’arte moderna ormai ha provato di tutto e non mi meraviglierebbe che qualcuno abbia cercato di coinvolgere tutti i cinque sensi in qualche sua installazione). Sto parlando di due cugini, formaggi che hanno in comune, oltre alle forme già menzionate, la provenienza, il latte da cui è prodotto ed alcune caratteristiche organolettiche, che variano però, a seconda del grado di stagionatura. Uno di essi è arcinoto, diffuso nei banchi di salumeria di tutta la penisola ormai da tempo, ovvero il taleggio. L’altro, meno famoso e più tradizionalmente regionale è il quartirolo lombardo dop, nelle sue varianti di prima e di media stagionatura. Un formaggio tendenzialmente magro, ammesso ve ne siano (in realtà quando si parla di formaggio magro, qualunque esso sia, siamo ai limiti dell’ossimoro, a meno che non si riferisca a prodotti spalmabili iper-industrializzati che però hanno poco a che fare con la parola formaggio), a pasta morbida e leggermente granulosa che tende però alla cremosità via via che si va avanti con la stagionatura, dal gusto mediamente acidulo e dal profumo pungente. In questo semplice risotto che vi propongo recita, di sicuro, la parte dell’ospite d’onore…

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di riso carnaroli

    4 zucchine

    Zafferano in pistilli q.b.

    100 gr di quartirolo lombardo stagionato

    Parmigiano q.b.

    Sale q.b.

    Pepe nero q.b.

    40 gr di burro

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Per il brodo:

    Una patata grande

    Due carote

    Una cipolla

    Un gambo di sedano

    Sale q.b.

    Cominciate con il preparare il brodo vegetale al solito modo. Quindi mettete in infusione in acqua calda (ma non bollente) i pistilli di zafferano per farne scaricare pigmenti ed aroma (lasciatelo lì almeno un’ora).

    Tagliate le zucchine a tocchetti, quindi mettetele a stufare in padella dopo aver soffitto, in olio e.v.o., uno spicchio d’aglio che rimuoverete una volta imbiondito. Aggiungete un dito d’acqua per favorire la cottura.

    Cominciate a dar vita al vostro risotto. In una padella sciogliete il burro e fatevi tostare il riso per un paio di minuti. Quindi aggiungete le prime mestolate di brodo e fate asciugare di volta in volta.

    Nel frattempo grattugiate il formaggio quartirolo (rimuovetene la crosta prima).

    Quando il risotto avrà quasi terminato la cottura, anziché l’ultima mestolata di brodo, aggiungete l’acqua di infusione dello zafferano, filtrandola con un colino per evitare che i pistilli ormai scarichi finiscano nel risotto.

    Fate asciugare per bene, quindi aggiungete gli altri ingredienti. Dapprima le zucchine.

    Quindi il parmigiano e buona parte del quartirolo che avete grattugiato. Amalgamate per bene, aggiungendo in ultimo un’altra piccola noce di burro.

    Impiattate a vostro piacimento  spolverando con pepe nero macinato grossolanamente e con dell’altro quartirolo stagionato. Decorate infine con qualche pistillo di zafferano.

    Bon Appetìt.

  • Bucatini all’amatriciana con pomodoro del Vesuvio e crema di pecorino

    Bucatini all'amatriciana con pomodori del Vesuvio e crema di pecorino

    Ho commesso un solo gravissimo errore nell’elaborazione di questa ricetta. Non ho comprato del pane per fare la scarpetta. Sarà capitato anche a voi, dopo aver spazzolato un abbondante piatto di pasta e vedere tutto quel sugo sgocciolato sul fondo del piatto. Solo allora realizzi di non aver del pane e ti disperi, perché raccogliere quel sugo con la forchetta non è la stessa cosa, no! E maledici la tua disattenzione, la fretta con cui hai compilato la lista della spesa, il fornaio sotto casa che, vedendoti passare, non ti ha rincorso in strada con una pagnotta stretta in mano. Che cocente delusione! Non aver onorato la simbiosi perfetta che scaturisce dall’incontro di un sugo di pomodoro con del grasso animale. Un peccato originario per meriterebbe una settimana di espiazione a base di riso in bianco. Eh sì, dovrò punirmi, per imparare dai miei errori…

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di bucatini

    600 ml di passato di pomodoro del Vesuvio

    6/7 pomodori interi del Vesuvio

    100 gr di guanciale

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b

    Pepe q.b.

    Basilico q.b.

    Pecorino grattugiato q.b.

    Per la crema di pecorino:

    30 gr di burro

    15 cl di latte

    Farina 00 q.b.

    Pecorino grattugiato q.b.

    Cominciate col tagliare a listarelle la vostra striscia di guanciale (fatela tagliare dal vostro salumiere con lo spessore di un cm/un cm e mezzo). Quindi in padella portate a temperatura l’olio (non lesinate) e soffriggetevi velocemente il guanciale. Giusto un paio di minuti per mantenerlo morbido. Poi raccoglietene i tre/quarti e mettetelo da parte. Lasciate il restante quarto in padella, servirà ad insaporire maggiormente il sugo.

    Versate quindi la passata di pomodoro in padella e i pomodori tagliati a metà. Fate andare per 50/60 minuti a fuoco basso. A tre quarti cottura, salate.

    Quando il sugo sarà ben ristretto, aggiungete il guanciale messo da parte, lasciate insaporire per un paio di minuti, quindi lasciate riposare. Nel frattempo avrete grattugiato abbondante pecorino romano.

    Nell’attesa che i bucatini cuociano (occhio, cottura sempre al dente), preparate la crema di pecorino. La preparazione è quella base di una besciamella leggera. Sciogliete il burro in un pentolino, aggiungete il latte, fatelo scaldare senza farlo bollire, addensate con della farina avendo cura di setacciarla. Girate in continuazione con una cucchiaia di legno per evitare grumi. Quindi aggiungete i tre quarti del pecorino che avrete grattugiato. Fate amalgamare. Continuate a girare anche a fuoco spento.

    Una volta scolata la pasta, conditela con abbondante sugo, aggiungete la restante parte di pecorino e una generosa spolverata di pepe. Passate quindi ad impiattare, irrorando la pasta con altro sugo all’amatriciana, la crema di pecorino e completando con un’altra leggera spolverata di pepe ed una fogliolina di basilico a decorazione.

    Bon appetìt!

  • Pasta e piselli con baccalà

    Pasta e piselli con baccala

    A volte è giusto non avere alcuna idea particolare in merito ad un piatto da preparare e lasciarsi guidare dal proprio gusto o meglio ancora dal proprio desiderio. Io ad esempio ai piselli freschi non resisto. Li consumo raramente in scatola durante la restate parte dell’anno, mentre ne abuso in primavera, quando sui banchi degli ortofrutta è possibile acquistarli racchiusi nei loro bellissimi baccelli. Sfilarli dalla loro dimora, uno ad uno, diventa un rito propiziatorio propedeutico al piacere, non tanto epicureo, di mangiarne un piattone traboccante in minestra con la pasta. Che poi a Napoli, le minestre non sono tanto minestre si sa, perché si mangiano piuttosto asciutte, dove la purea del legume amalgama il tutto in un tripudio di cremosità. La pasta e piselli potrete prepararla, oltre che con i tubetti, come nel piatto di oggi in cui figura un ospite d’onore come il baccalà per l’appunto, anche con pasta mista o vermicelli spezzati. Verrà buona uguale, assicurato.

    Ingredienti per due persone:

    750 gr di piselli freschi (con baccello)

    250 gr di baccalà

    180 gr di tubetti lisci

    Cipolla q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Timo in rametti per la decorazione

    Sbucciate i piselli e risciacquateli bene sotto acqua corrente. Quindi tritate finemente un paio di fettine di cipolla ramata e fateci un soffritto veloce in una pentola sufficientemente alta (non lesinate con l’olio). Fate imbiondire e di seguito aggiungete i piselli. Riempite la pentola con l’acqua necessaria per la cottura della pasta e salatela. Fate andare per 25/30 minuti a fuoco vivace.

    Nel frattempo prendete il vostro trancio di baccalà. Eliminate pelle e lische e scottatelo in padella. Quindi conservatene il sugo rilasciato e fate a pezzetti la carne del pesce.

    Quando i piselli saranno ammorbiditi, schiacciatene un bel po’ con la cucchiaia di legno, in modo da farne fuoriuscire la purea. Quindi buttate la pasta.

    Fate andare per il tempo necessario alla cottura della pasta (mi raccomando al dente anche qui), allungando con un po’ d’acqua se ad un certo punto vi doveste accorgere che la cottura è ancora un po’ dietro oppure alzando la fiamma nel caso contrario per asciugare più rapidamente l’acqua in eccesso (non fate attaccare la pasta al fondo della pentola però). A cottura della pasta ultimata, aggiungete il sugo del baccalà ed il pesce fatto a pezzi. Amalgamate per bene e fate insaporire per un altro minuto.

    Impiattate a vostro piacimento e decorate con un paio di rametti di timo.

    Bon Appetìt!

  • Risotto agli asparagi con vongole e terra di olive taggiasche

    Risotto agli asparagi con vongole e terra di olive taggiasche

    Sono stato sfidato da un milanese (un caro amico a dire il vero) ad una risotto-challange. Allora ho pensato di allenarmi un poco per arrivare con la mano calda all’appuntamento. Niente stupidi video su tik tok, gli ho precisato, solo il piacere di una tavolata assieme, qualche commensale a far da giurato e qualche bottiglia di buon vino. Ora è pur vero che il riso cresce rigoglioso nelle campagne a sud di Milano ed ad est di Torino e non alle falde del Vesuvio, né nella piana di Catania, ma ritengo che noi terroncelli abbiamo, col tempo, imparato a maneggiare l’articolo con la dovuta perizia. D’altronde il piacere di cucinare sta anche nel valorizzare i prodotti del territorio e saperli imbastardire con elementi spuri che li arricchiscano di nuove interpretazioni. Per di più la cultura del meridione è piena di contaminazioni. Il sud: una mano tesa nel cuore del Mediterraneo, pronta a raccogliere i naviganti salpati dai quattro angoli del mare nostrum. Questo ci dice la storia degli ultimi millenni. Purtroppo oggi le cronache, e qui mi faccio serio, spesso dipingono un quadro diverso, fra nazionalismi farlocchi, malaffare e leggi fasciste. La mano protesa si ritira in un pugno e tanta povera gente trova un’orribile morte in mare. Sarebbe bello ci riappropriassimo della nostra storia e del nostro senso civico e aiutassimo, senza calcoli e senza vuoti opinionismi, chi sta molto peggio di noi, nel segno dell’accoglienza e della cosmopolitismo che sono le radici della nostra cultura. Sono andato fuori tema, come spesso accade, lo sapevo. Porgo le mie scuse e affilo le cucchiarelle per la sfida ormai prossima.

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di riso carnaroli

    Un mazzo di asparagi da 500 gr

    Un chilo di vongole

    60 gr di olive taggiasche denocciolate

    Olio e.v.o.

    Uno spicchio d’aglio

    40 gr di burro

    Sale q.b.

    Prezzemolo in polvere

    Per il brodo:

    Una patata

    Due carote

    Un gambo di sedano

    Mezza cipolla grande

    Sale q.b.

    Cominciamo con la cosa che impiega più tempo. La preparazione della terra di olive taggiasche. Molti la definiscono polvere, in realtà la presenza della parte grassa, dell’olio cioè, nella polpa delle olive non vi permetterà mai di avere un risultato effettivamente polveroso, quanto piuttosto un composto simile ad un terriccio appena umido. Ad ogni modo, su carta forno, distribuite le olive, denocciolate e tagliate a metà, e fate andare al forno (non ventilato) a 100° per un paio d’ore. Le olive dovranno seccarsi completamente e sgretolarsi facilmente al tatto.

    Nel frattempo lavate e mondate gli asparagi, dividendoli in tre parti. Le punte, la parte centrale del gambo che utilizzerete per la crema e quella fibrosa finale che aggiungerete al brodo vegetale che utilizzerete per la cottura del riso.

    Lessate la parte centrale degli asparagi ed una volta ammorbiditi, frullateli con il vostro minipimer, aiutandovi con un poco di acqua di cottura, fino ad avere un composto fluido e perfettamente liscio.

    Stufate, invece, le punte, in una padella, dopo aver soffritto un aglio in olio e.v.o. Anche qui, aiutatevi, con qualche goccio d’acqua nella cottura.

    Sbriciolate completamente le olive disidratate e ripassatele al mixer velocemente, per avere una grana più fine.

    Risciacquate per bene le vongole, che avrete precedentemente spurgato in acqua e sale, e mettetele in padella (con un coperchio per far aumentare la pressione) per farle aprire.

    Una volte schiuse, tiratele via dalla padella e filtrate l’acqua che avranno rilasciato. Sgusciatene la gran arte e lasciatene qualcuna col guscio per decorazione.

    Procedete, quindi, alla preparazione del risotto. Sciogliete il burro, tostate il riso per un minuto e irrorate con i primi mestoli di brodo.

    Aggiungete di volta in volta il brodo nonché l’acqua rilasciata dalle vongole e fate assorbire. A cottura quasi completata aggiungete la crema di asparagi ed il sughetto rilasciato dalle punte.

    Fate asciugare ulteriormente, quindi aggiungete le vongole sgusciate e le punte degli asparagi.

    In ultimo aggiungete parte della terra di olive taggiasche e amalgamate per bene.

    Procedete all’impiattamento spolverando con il prezzemolo in polvere (se non l’avete, essiccate il prezzemolo al solito modo, quindi riducete in polvere in un mortaio), con la terra di olive taggiasche e decorando con qualche punta di asparago e qualche vongola con guscio.

    Bon Appetìt!

  • Manfredi con la ricotta

    Manfredi con la ricotta

    Vulìo. È il termine dialettale che si utilizza per indicare una voglia latente di qualcosa, che piano piano si fa strada nella nostra testa, per poi finire la sua corsa, dopo un lungo peregrinare tra sinapsi e centri nervosi, proprio sotto il palato, trasformandosi in languorino. Se a Milano c’hanno Ambrogio con il suo vassoio di Ferrero Rouche, a Napoli teniamo più semplicemente ‘o vulìo. Così è capitato, come mi capita abbastanza di frequente d’altronde, che si insinuasse nell’ipofisi un pensiero, dapprima piccino e quasi impercettibile, poi sempre più impellente, che ha preso la forma di un bel piatto di manfredi con la ricotta, uno dei tradizionalissimi piatti domenicali tanto in auge all’intersezione tra il quarantunesimo parallelo nord ed il quattordicesimo meridiano est. Mò cosa dovevo fare, secondo voi? Ignorarlo? Non me la sono sentita, sinceramente. Mi perdonerete se per una volta depongo qualsiasi velleità di creatività/innovazione ed umilmente pongo i miei servigi alla corte della Tradizione (ed una sola maiuscola non basterebbe), ma credetemi, non c’era modo migliore per onorare il pranzo domenicale.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di manfredi (mafalde)

    Una conserva di pomodori del Vesuvio interi in passata da 550 gr.

    Uno spicchio d’aglio

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    200 gr. di ricotta vaccina

    Parmigiano q.b.

    Basilico q.b.

    Beh la ricetta è semplicissima e quasi mi vergogno a raccontarvela, ma per mera completezza ve la riporto comunque. Partiamo innanzitutto dalla scelta dell’ingrediente principale, la conserva di pomodoro. È indispensabile utilizzare un prodotto eccellente (e non solo per questo piatto qui). Guarda caso avevo ancora un preziosissimo manufatto de L’Orto Conviviale: pomodoro vesuviano intero in passata. Un prodotto più che biologico, frutto di un’agricoltura ragionata e genuina, l’esatto contrario delle produzioni muscolate dell’agroindustria dalla sproporzionata resa per ettaro e dall’utilizzo massiccio di prodotti chimici, che affollano, invece, i reparti dei supermercati. Non smetterò mai di tessere le lodi di queste piccole realtà che, con sacrifici e passione, offrono al mercato dei prodotti impareggiabili. Dopo le dovute premesse, passiamo al dunque. Non bisognerà far altro che preparare un semplicissimo sugo al pomodoro. Soffriggete in abbondante olio e.v.o. uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, quindi fate andare il sugo a fuoco basso per un’oretta, in modo che si restringa a sufficienza.

    Nel frattempo stemperate la ricotta con una forchetta, aggiungendovi il parmigiano. Quando il sugo sarà pronto, aggiungetevi, per un minuto o due, un ciuffetto di foglie di basilico.

    Tenete da parte un po’ di sugo. Scolate la pasta al dente, e ripassatela nella padella in cui avete preparato la salsa di pomodoro, aggiungendovi anche la ricotta. Amalgamate bene fino a che, quest’ultima non si sarà omogeneamente fusa al sugo.

    Passate ad impiattare i manfredi con la ricotta, aggiungendovi sopra qualche cucchiaio del sugo di pomodoro che avete messo da parte e completando con una fogliolina di basilico a decorazione.

    Bon Appetìt!

  • Pizzoccheri di mare con gamberi, cozze e totani

    Pizzoccheri di mare con gamberi cozze e totani

    Non so se in Italia ci sia un posto più lontano dal mare della Valtellina. Se la gioca probabilmente con l’estremità nord della provincia di Verbania, l’enclave svizzera di Campione o qualche cima delle Alpi Venoste. Fatto sta che il profumo del mare pare davvero irraggiungibile da quelle parti. Allora diciamo pure che questo piatto assume l’aspetto di una chimera: l’aver unito la pasta tipica di grano saraceno della famosa valle tagliata dall’Adda, a un condimento prettamente marino, che avrebbe come comfort zone abituale gli scialatielli della costiera amalfitana o perché no, delle trofie genovesi, ha il sapore dell’ossimoro. È uno di quei piatti fusion che mi piacciono tanto, elementi distanti geograficamente e culturalmente tra di loro, che però trovano il coraggio di fondersi per dar vita ad un nuovo meticciato di sapori sinora inesplorato.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di pizzoccheri della Valtellina

    5/6 gamberoni

    300 gr di totani

    750 gr di cozze

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Prezzemolo q.b.

    Cominciate con il pulire il pescato. Eviscerate le teste dei totani ed eliminate bocca ed occhi.

    Sgusciate i gamberi, conservandone le teste.

    Pulite le cozze, tirando via il bisso e grattando le incrostazioni sui gusci con l’aiuto di un coltello a seghetto. Fatele, quindi aprire, in una padella capiente a fuoco vivo (coprite con un coperchio).

    Fate un fumetto con le teste dei gamberi, lasciandole scaricare tutto il loro sapore e conservate l’acqua rilasciata dalle cozze.

    In padella fate imbiondire uno spicchio d’aglio, quindi aggiungete l’acqua delle cozze e il fumetto delle teste dei gamberi (filtrateli entrambi con l’aiuto di un colino a maglie strette). Fate andare a fuoco vivo e fate asciugare per i due terzi del volume Nel mentre, tagliate a pezzetti gamberi e totani.

    Sgusciate anche le cozze. Una volta ristrettosi il sughetto, aggiungete gamberi e totani, cuocete per un minuto appena. Quindi spegnete ed aggiungete le cozze.

    Fate bollire l’acqua per i vostri pizzoccheri. Ho scelto un prodotto fresco, anziché quello secco, per evitare che si spezzassero durante la cottura. Essendo di grano saraceno, i pizzoccheri risultano molto meno elastici rispetto alla pasta di grano duro. Scolateli a metà della cottura indicata sulla confezione e completatela nella padella col sugo.

    Fate amalgamare per bene, fino al formarsi della caratteristica cremina. Completate con abbondante prezzemolo tritato fine.

    Impiattate a vostro piacimento, completando con una fogliolina di prezzemolo a decorazione.

    Bon Appetìt!

  • Cannelloni ripieni di ricotta, radicchio, speck e scamorza con besciamella allo zafferano

    Cannelloni ripieni di ricotta radicchio speck e scamorza con besciamella allo zafferano

    Non potevo far passare la stagione invernale senza proporvi un piatto che avesse come protagonista il radicchio, ma né mi andava di propinarvi il solito risotto, così, acconsentendo anche alla richiesta della mia compagna che spingeva da settimane per avere i cannelloni, ho fatto di necessità virtù e mi sono immaginato che aspetto potesse avere questa simbiosi. La grande sfida degli chef: cercare di ricreare un piatto esattamente come lo proietta la propria mente prima di realizzarlo. La ricotta che si colora di viola, un bel manto giallo rinforzato (no, quello non esiste ancora come pantone nella mente dei burocrati che ci governano) e questo sentore deciso di affumicatura dato dallo speck e dalla scamorza. Insomma credo che il risultato finale ci sia andato abbastanza vicino.

    Ingredienti per 2/3 persone (12 cannelloni):

    12 cannelloni

    2 radicchi lunghi

    350 gr di ricotta

    70 gr di speck

    50 gr di scamorza affumicata

    Parmigiano q.b.

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Per la besciamella:

    50 gr di burro

    400 ml di latte intero

    Farina 00 q.b.

    Sale

    2 bustine di zafferano

    Per la decorazione:

    Zafferano in pistilli q.b.

    Lavate e mondate il radicchio. Con un coltello eliminate la parte centrale, più amarognola e più ricca d’acqua.

    Soffriggete uno spicchio d’aglio in padella in olio e.v.o. e fate andare il radicchio, stufandolo completamente (coprite con un coperchio durante la cottura). Salate.

    Nel mentre tagliate a cubetti molto piccoli speck e scamorza (dovranno passare attraverso il beccuccio di una sac a poche).

    Tagliate il radicchio a coltello, quindi aggiungetelo alla ricotta, insieme a speck, scamorza e parmigiano. Aggiustate di sale e pepe. Amalgamate bene aiutandovi con una forchetta.

    Riempite con la vostra farcitura una sac a poche con beccuccio con apertura grande. Farcite, quindi, i cannelloni.

    A questo punto preparate la besciamella al solito modo, sciogliendo in un pentolino (a fuoco basso) il burro, scaldandovi il latte e addensando con la farina. Aggiungetela poco alla volta, avendo cura di setacciarla attraverso un colino a maglie strette e non smettendo mai di girare con l’aiuto di una frusta per evitare il formarsi di grumi. Aggiustate di sale, quindi aggiungete lo zafferano in polvere. La salsa dovrà risultare perfettamente liscia e abbastanza densa.

    Bagnate il fondo della pirofila con della besciamella, quindi adagiatevi i cannelloni e ricopriteli con altra salsa. Spolverate generosamente di parmigiano. Infornate a 180° (non ventilato) per circa 30 minuti e completate la cottura per altri 5 min con la ventilazione per gratinare bene la superficie.

    Impiattate decorando con qualche pistillo di zafferano.

    Bon Appetìt!

  • Fettuccine con calamarelle, stracciatella di bufala e datterini

    Fettuccine con calamarelle stracciatella di bufala e datterini

    Credo siano state pescate direttamente dalla sonda Perseverance nella recente missione della Nasa su Marte, in qualche rivolo d’acqua appena scoperto sul pianeta rosso, visto il prezzo a cui me le hanno fatte pagare. È un po’ il problema di quando si è lontani dal mare (nostalgia canaglia!). Pagare tanto e non avere sempre la stessa qualità. Fortunatamente, aliene o meno, queste povere calamarelle sapevano il fatto loro e conservavano nel loro genoma ancora l’inconfondibile odore di mare. Fattore essenziale quando si cucina un piatto semplice e saporito con pochi fondamentali ingredienti. La storia è questa qui…

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di fettuccine

    300 gr di calamrelle

    150 gr di stracciatella di bufala

    Una quindicina di pomodori datterini

    Olio e.v.o.

    Sale q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Prezzemolo q.b.

    Come prima cosa, preparate la polvere di prezzemolo al solito modo. Disponete le foglioline di prezzemolo (lavatelo prima) in una placca su carta da forno ed infornate a 70° per 30/40 minuti, fino a che le foglie di prezzemolo non saranno completamente secche e facilmente sgretolabili al tatto. Quindi riducetele in polvere con l’aiuto di un mortaio, setacciando eventualmente con un colino  maglie strette per eliminare residui fibrosi.

    Risciacquate le calamarelle e eliminate la pennetta dalla testa (che verrà via facilmente semplicemente tirandola con le dita) e gli occhi (tagliandoli con una forbicina). Per quelle un pochino più grandi ho provveduto ad eviscerare anche la testa.

    Tagliate a metà i pomodori datterini e salateli dalla parte della polpa. In una padella soffriggete uno spicchio d’aglio (che rimuoverete una volta imbiondito) e fate andare i pomodorini per giusto un minuto, quindi le calamarelle per poche secondi (si cuoceranno nella pratica al solo contatto con l’olio caldo).

    Scolate la pasta al dente e saltatela nel sugo appena preparato aggiungendovi anche la stracciatella di bufala. Amalgamate per bene, fino al formarsi della caratteristica cremina.

    Impiattate a vostro piacimento decorando con la polvere di prezzemolo ed una fogliolina a completamento.

    Bon Appetìt!

  • Zuppa di cicerchie e cicoria con cicoli e crostini di pane di grano saraceno

    Zuppa di cicerchie cicoria con cicoli e crostini di pane di grano saraceno

    Avete ragione, fare i legumi secchi è una faticaccia. Bisogna tenerli a bagno una vita e poi la cottura dura ore. L’ideale sarebbe mangiarli freschi, fagioli e piselli sono reperibili facilmente sul mercato, per quanto abbiano una stagionalità relativamente breve. Così spesso la tentazioni de comprare quelli precotti sbanca  qualsiasi resistenza. C’è un legume, però, che se ne frega delle vostre esigenze e delle vostre tentazioni perché è possibile acquistarlo solo secco. È la cicerchia, molto diffusa nell’antichità e poco al giorno d’oggi, che però costituisce ancora l’ingrediente principale di diversi piatti tradizionali regionali di origine contadina. Nelle mie mani, invece, ha fatto la fine che andrò di qui a poco ad illustrarvi.

    Ingredienti per due persone:

    150 gr di cicerchie (secche)

    Un rametto di rosmarino

    1 kg di cicoria

    Una manciata di cicoli

    Sale q.b.

    Olio e.v.o.

    Uno spicchio d’aglio.

    Una punta di peperoncino.

    Tenete a bagno le cicerchie per 24 h, quindi lessatele in acqua salata per circa due ore. Rimuovete durante la cottura la schiuma che andrà a formarsi. Aromatizzate nell’ultima mezz’ora con un rametto di rosmarino.

    Mondate e lavate la cicoria, quindi stufatela in una casseruola alta, soffriggendovi dapprima uno spicchio d’aglio. Aggiungete anche una punta di peperoncino ed infine aggiustate di sale.

    Nel mentre, tagliate le fette di pane per i crostini e mettete al forno per 5-6 minuti a 180°.

    Quindi prendere una manciata di cicoli e sbriciolateli. Sfornate i crostini di pane.

    Assemblate la zuppa, aggiungendo le cicorie alle cicerchie. Fate amalgamare un po’ sul fuoco, quindi aggiungetevi parte dei cicoli sbriciolati.

    Servite in un piatto fondo, aggiungendo un’altra sbriciolata di cicoli in superfice ed accompagnando la vostra zuppa di cicerchie e cicoria con i crostini di pane di grano saraceno.

    Bon Appetìt!