Category: Primi

  • Trenette al cacao cacio e pepe con peperoni cruschi

    Trenette al cacao cacio e pepe con peperoni cruschi

    Come ogni settembre, c’è sempre qualche amico/parente che porta in dote un souvenir da cucinare. Quest’anno, però, dovevo gestirne uno molto particolare, se non altro perché si trattava di qualcosa che né avevo mai preparato, né tanto meno mangiato. Ho dovuto, pertanto, sperimentare un po’ al buio, fidandomi dell’istinto. La pasta al cacao, devo dire, mi ha sorpreso. Il cacao si sente distintamente al gusto, ma non è mai invadente e il suo retrogusto leggermente amaro, ben si sposa per contrasto con dei condimenti sapidi, come il pecorino ad esempio. Avevo, poi, finalmente trovato qui a Milano il peperone crusco, delizia lucana poco conosciuta nel profondo nord. E insomma, anche in questo caso, il piatto è venuto da sé.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di trenette al cacao

    100 gr di pecorino

    Sale q.b.

    Pepe nero q.b.

    Pepe nero in grani q.b.

    25 gr di peperone crusco

    Il piatto è semplicissimo, pochi e semplici passaggi, cominciando dal peperone crusco, che ho preferito sminuzzare a mo’ di coriandoli. Potete utilizzare un mixer o un mortaio. Si sgretolerà con facilità.

    Nel mentre che l’acqua per la pasta arrivi a temperatura, grattugiate anche il pecorino e tritate il pepe in grani. Quindi, al primo bollore, salate l’acqua e buttate la pasta.

    Con un po’ d’acqua di cottura otterrete una cremina col pecorino, aiutandovi con una frusta. Aggiungete abbondante pepe nero ed avrete il vostro condimento cacio e pepe.

    Scolate la pasta al dente ed aggiungetevi, a fuoco basso, la crema di pecorino ed una prima spolverata di peperone crusco. Amalgamate per bene.

    Impiattate a vostro piacimento, aggiungendo altre generose spolverate di pecorino grattugiato, peperoni cruschi e pepe nero macinato grosso. Completate decorando con una chips di peperone.

    Bon Appetìt!

  • Lasagna alla norma

    Lasagna alla norma

    Ogni promessa è debito ed eccomi, dopo la meritata pausa estiva, causa vacanze e cazzeggi vari, a sgobbare ai fornelli, nella fattispecie a friggere melanzane come se non ci fosse un domani. Per appagare il vostro sadismo tra l’altro ho dovuto constatare sulla mia pelle l’incredibile ondata inflazionistica che ha colpito gli oli da frittura, quello di girasole in primis, ma anche quello di arachidi e quello di mais. Erano un po’ di mesi che non friggevo e al supermercato ho trovato prezzi triplicati. Causa guerra in Ucraina, ho letto poi, anche se non mi risulta che gli arachidi siano fra le colture interessate. Bizze di un mercato che non si sa mai se influenzato da fenomeni strutturali o da meri opportunismi. Ad ogni modo, se già limitavo le fritture nella dieta quotidiana, da oggi c’è un ulteriore motivo per perseguire la retta via. Ma veniamo al piatto che sto testé a presentarvi. Una delle mille mutazioni che può assumere un classicissimo della cucina siciliana, da preparare rigorosamente in estate con melanzane di stagione (mi raccomando non fatevene venire voglia a gennaio!). L’avevo già proposta un po’ di anni fa nella mia rubrica sulla pagina personale di facebook. Qui è completa, chiaramente, di ricetta.

    Ingredienti per 3-4 persone:

    500 gr di lasagne ricce (pasta di grano duro)

    1,5 lt di passata di pomodoro

    1,2 kg di melanzane

    150 gr di ricotta salata stagionata

    200 gr di provola

    Parmigiano q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Olio per friggere q.b.

    Basilico q.b.

    Cominciate con la preparazione della salsa di pomodoro. Soffriggete uno spicchio d’aglio in olio e.v.o., aggiungetevi la passata e fate andare per un’oretta a fuoco lento, finché il sugo non si sarà ben ristretto. Passate quindi al taglio delle melanzane. Come al solito io preferisco tagliarle e friggerle una alla volta, per evitare che si ossidino e per evitare di metterle in acqua e sale come molti fanno (la polpa è porosa, assorbe tanta acqua e l’acqua non va d’accordo con la frittura).

    Cominciate a friggere le melanzane solo quando l’olio sarà ben caldo. Giratele da entrambi i lati per uniformarne la doratura. Cosa fondamentale, asciugatele bene con carta assorbente, facendo al massimo un paio di strati. Consumerete più carta e laverete qualche stoviglia in più, ma le melanzane dovranno risultate perfettamente asciutte, per evitare che rilascino l’olio in cui sono state fritte in fase di successiva cottura.

    Terminato l’annoso compito, grattugiate il parmigiano, tagliate a dadini la provola e riducete in scaglie la ricotta salata stagionata. Quindi con tutti gli ingredienti pronti a disposizione, cominciate ad assemblare la lasagna. Essendo la sfoglia di grano duro e non all’uovo, le ho dato un bollo di giusto un minuto prima di disporle nella teglia. Ad ogni modo un primo strato di sugo, quindi la sfoglia di pasta a ricoprire interamente il fondo della teglia…

    …poi aggiungete uno strato di melanzane fritte, sporcate con un po’ di sugo, arricchite con parmigiano, provola, ricotta salata e qualche foglia di basilico.

    Ripetete l’operazione almeno altre due volte. In superficie non ho aggiunto provola . Infornate quindi a 180° (forno statico) per una trentina di minuti.

    Una volta sfornata, lasciate raffreddare per 5-6 di minuti anche per darle il tempo di rassodarsi un poco e servite decorando con qualche fogliolina di basilico fresco.

    Bon Appetìt!

  • Linguine con pesto di mandorle e frutti di mare

    Linguine con pesto di mandorle e frutti di mare

    Questa è la storia di due amiche per la pelle. Napoli, Pignasecca. Il più grande mercato del centro storico, dove le vie si riempiono di bancarelle di ogni genere alimentare. Il profumo dei forni che sfornano pane, taralli e casatielli. Quello pungente delle friggitorie di strada, al grido di pizze fitte e panzarotti. I colori dei banchi dell’ortofrutta. L’odore del mare che si insinua fino agli stretti vicoli del quartiere per la presenza delle numerose pescherie che ogni giorno mostrano con orgoglio al mondo intero il miracolo del pescato fresco del Golfo. In queste strade vivono Cuzzechella e Vungulella, inseparabili sin dalla tenera età e oggi sanguigne adolescenti della Napoli più verace. Ignoriamo i loro nomi di battesimo, ragion per cui continueremo a citarle con il nome che ha affibbiato loro il popolo dei vicoli. Cuzzechella è una ragazza genuina, sicuramente semplice e poco appariscente, decisamente bruttina ma dal carattere generoso e vigoroso. Vungulella è una bambolina, pulita, persino fine, ma un po’ insipida caratterialmente. Un po’ apatica, un po’ menefreghista, un po’ vuota, senza ombra di dubbio fragile. Sa di potersela cavare grazie alla sua bellezza, ma la verità è che senza Cuzzechella al suo fianco sarebbe spacciata, incapace di districarsi nella vita, oltre che nell’intricato groviglio di vicoli del quartiere Montesanto. Manco a dirlo, però, Vungulella riceve tutte le attenzioni dei coetanei, pronti a far a gara per mostrare quanto siano forti ed in gamba pur di conquistare il cuore della bella, mentre Cuzzechella è per lo più ignorata, se non a volte derisa da qualche ragazzino particolarmente stronzo. Capita un giorno che Vungulella accetta la corte di Totore ‘o lupo, imberbe aspirante delinquente che si è guadagnato sul campo l’appellativo infamante per la sua spregiudicatezza e la sua ferocia. Non un personaggio con cui vorreste che le vostre figlie uscissero insomma, anche se foste cresciuti in quei quartieri. Vungulella però ne è soggiogata, come può capitare ad un adolescente con poco nerbo, rapita dai bollori ormonali dell’età e a cui la società che la circonda ha insegnato che la femmina deve seguire l’omm’ fort’. Cuzzuchella, ben più avveduta dell’amica, sa che quel flirt porterà Vungulella ad allontanarsi da lei, ma la sua generosità la porta a star male più per le nefaste conseguenze che quel rapporto potrà avere sulla vita dell’amica che per il loro rapporto di amicizia. Passeranno i mesi e Vungulella, verrà umiliata, schiaffeggiata e persino messa in pericolo dal villano a cui ha deciso di consegnare le chiavi della sua vita. A Cuzzechella, che apprenderà i patemi di queste vicissitudini solo per interposta persona e non direttamente da Vungulella, che sentirà sempre più raramente ed in quelle poche occasioni in maniera distaccata, la situazione apparirà insopportabile e giurerà a sé stessa di riprendersi l’amica per salvarla. Ed è esattamente ciò che dovrà fare due anni dopo. Vungulella viene raggiunta da un colpo d’arma da fuoco durante un inseguimento in scooter. Lei, aggrappata a Totore sul mezzo truccato che scappano, inseguiti da rivali del suo ragazzo, pronti a toglierlo di mezzo per non meglio precisate questioni di malavita, viene colpita alla schiena, cadendo rovinosamente al suolo, mentre Totore continua la sua fuga, lasciando il corpo della sua ragazza sul selciato lavato dalla pioggia. Il tutto avviene, del tutto casualmente, davanti agli occhi di Cuzzechella che soccorre l’amica ormai in una pozza di sangue, fermando l’emorragia con la camicetta che aveva addosso e aspettando i soccorsi, abbracciando mezza nuda Vungulella per tutto il tempo, per scaldarla e per infonderle il bene che, nonostante tutto, ancora le voleva.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di linguine

    100 gr di mandorle sgusciate

    1 kg e mezzo di frutti di mare misti (cozze, vongole, lupini e fasolare)

    Una decina di pinoli

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Una punta di peperoncini

    Uno spicchio d’aglio

    Prezzemolo q.b.

    Procedete con il pesto: in un mixer inserite le mandorle, i pinoli, due fettine d’aglio (per non appesantire troppo), il peperoncino, abbondante olio e.v.o. e una tazzina d’acqua, sempre necessaria quando si prepara un pesto di frutta secca. Fate andare il mixer fino ad ottenere un composto omogeneo e perfettamente trito. Coprite con un filo d’olio e tenete da parte.

    Pulite le cozze e sciacquate i frutti di mare sotto acqua corrente. Fateli aprire in una padella ben calda, senza aggiungere altro, con un coperchio sopra e conservate l’acqua che avranno rilasciato, filtrandola con un colino a maglie strette.

    Sgusciate i tre quarti di frutti di mare e tenete il resto (quelli che vi sembrano più belli) per la decorazione.

    In padella soffriggete uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito ed aggiungeteci l’acqua dei frutti di mare, lasciandola parzialmente asciugare. Scolate molto al dente le linguine, conservando un tazzone d’acqua di cottura della pasta. Saltate la pasta, aggiungendo il pesto e per stemperare l’acqua di cottura.

    Amalgamate per bene, facendo asciugare l’acqua in eccesso. In ultimo aggiungete i frutti di mare sgusciati e del prezzemolo tritato finemente. In altra padella scaldate velocemente i frutti di mare con guscio, bagnandoli con un po’ di sugo e un filo d’olio.

    Impiattate a vostro piacimento decorando con una foglia di prezzemolo, una mandorla intera e arricchendo il piatto con i frutti di mare col guscio.

    Bon Appetìt!

  • Orecchiette con pesto di rucola, robiola, salmone e limone della costiera amalfitana

    Orecchiette con pesto di rucola robiola salmone e limone della costiera amalfitana

    Come trasformare un piatto notoriamente brutto in uno buono? In questo caso sul banco degli imputati ci sono le farfalle panna e salmone, un must della cucina in fretta e furia, spesso destinata ai ragazzini senza particolari pretese gastronomiche (mia madre quando ero bambino sostituiva la panna con latte e parmigiano, già un po’ meglio). Ora, a parte che il giorno in cui vedrete pubblicato un piatto di farfalle su questo blog, vi autorizzo a depennare Belli e Buoni da tutti i social, vi dirò che non c’è poi bisogno di  così tanto ingegno per trasformare il piatto brutto in uno decisamente più decoroso. Partendo dalla scelta degli ingredienti, no alle farfalle, manco a dirlo, nonché salmone fresco anziché quello in scatola, e arricchendolo con qualche elemento magari dal sapore deciso e perché no, con qualche tipicità territoriale. Il tutto cercando di mantenere sempre un equilibrio tra sapori che non porti nessuno di essi a sopraffare gli altri. L’esperimento ha portato a questo risultato qui.

    Ingredienti per 2 persone:

    250 di orecchiette

    100 gr di robiola

    Un trancio di salmone da 200 gr

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Un limone della costiera amalfitana

    Per il pesto:

    100 gr di rucola

    Una dozzina di pinoli

    Mezzo peperoncino

    Due fettine d’aglio

    Qualche foglia di basilico

    Olio e.v.o. q.b.

    Sale q.b.

    Partite dalla preparazione del pesto. Lavate per bene la rucola, asciugatela alla meglio, quindi fatela andare nel mixer con il peperoncino, l’aglio (io ne metto sempre pochissimo per non appesantire gusto e digestione), i pinoli, 3-4 foglie di basilico e abbondante olio e.v.o. Aggiustate di sale e coprite il pesto con ulteriore filo d’olio per limitarne l’ossidazione.

    Rimuovete la pelle dal vostro trancio di salmone e dividetelo in pezzi più o meno grossi.

    In padella soffriggete uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, quindi fate andare il salmone per pochi secondi. Nel frattempo che cuocia la pasta, grattugiate la scorza di un limone (lavatelo ed asciugatelo per bene prima di cimentarvi).

    Scolate la pasta al dente, rimuovete il salmone dalla padella se non volete che si frantumi completamente. Saltate le orecchiette dapprima nella robiola, aiutandovi con un po’ di acqua di cottura per stemperarla. Quindi in un secondo momento con il pesto di rucola, un po’ di succo di limone e parte della sua buccia grattugiata. Infine aggiungetevi il salmone.

    Impiattate a vostro piacimento, spolverando con la restante buccia di limone e decorando con un ciuffetto di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Spaghettoni con zucchine, la loro crema, i loro fiori, fonduta di taleggio e crumble di arachidi

    Spaghettoni con zucchine la loro crema i loro fiori fonduta di taleggio e crumble di arachidi

    Recentemente in una nota pizzeria ho ordinato (e mangiato, va da sé) il cosiddetto ciurillo ripieno di ricotta ed impastellato. Chiariamo che il termine dialettale ciurillo indica indistintamente sia il fiore della zucchina (eventualmente anche il bocciolo) che quello della zucca, laddove, seppur minima, una differenza esiste anche visivamente (oltre a quella botanica chiaramente, parlando di due ortaggi diversi). Ma non volevo soffermarvi su tali differenze, che comunque non sono in alcun modo apprezzabili quando il fiore è stato cucinato, quanto piuttosto stigmatizzare la presenza del pistillo, come con disappunto, ho riscontrato nel fritto di questa nota pizzeria. Capisco che preparazioni in grandi quantità costano tempo e fatica, ma rovinare una prelibatezza con una nota fuori posto, solo perché si va di fretta, è un po’ come schiacciarla sotto il culo e presentarla nel piatto. La poesia svanisce e resta la sensazione di questo corpo estraneo, duro ed amarognolo, che dilapida l’armonia della pietanza. Rimuoverlo, tra l’altro, è estremamente semplice, basta incidere la parte inferiore del fiore e sfilarlo da lì. Spero di aver fatto terrorismo psicologico degno di questo nome, dì anche tu: NO al pistillo nel ciurillo!

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di spaghettoni di Gragnano

    Una dozzina di zucchine piccole con fiore

    3-4 zucchine chiare

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Basilico q.b.

    Per il crumble:

    100 gr di arachidi con guscio

    Due cucchiai di pan grattato

    Olio e.v.o. q.b.

    Per la fonduta:

    30 g di burro

    Un paio di tazzine di latte

    100 gr di taleggio

    Ho utilizzato due tipi diversi di zucchine, quella chiare, di medie dimensioni, per la crema e quelle piccoline, con fiore, da stufare. Tagliate le prima a tocchetti, dopo aver eliminato parte della polpa centrale. Lessatele in acqua salata.

    Rimuovete il fiore dalle zucchine piccole e tagliatele a rondelle. Quindi in una padella, in olio e.v.o., fate soffriggere uno spicchio d’aglio e stufate le zucchine, aiutandovi magari con una tazzina o due di acqua.

    Sgusciate gli arachidi, quindi tritateli finemente al mixer, aggiungendovi infine il pan grattato.

    Tostate leggermente il composto in padella, quindi aggiungete un filo d’olio e mescolate con l’ausilio di una cucchiaia di legno. Il crumble dovrà risultare granuloso e croccante.

    Frullate le zucchine che avete lessato fino ad ottenere una crema fluida e perfettamente liscia (aiutatevi con un poco d’acqua di cottura).

    Mondate i fiori di zucchina, eliminando il pistillo come detto in antefatto. Quindi stufateli velocemente nella padella con le zucchine a rondelle a fine cottura (saranno sufficienti un paio di minuti).

    Mentre gli spaghetti sono in cottura, cominciate a preparare la fonduta di taleggio. Tagliate il formaggio a pezzetti.

    In un pentolino sciogliete il burro, aggiungetevi il latte, facendolo scaldare. Aggiungete quindi il formaggio fino a scioglierlo completamente, girando ininterrottamente con una frusta.

    Scolate gli spaghettoni al dente, quindi saltateli in padella con le  zucchine, i fiori, la crema e qualche foglia di basilico, aiutandovi con un po’ d’acqua di cottura della pasta. Amalgamate per bene.

    Impiattate irrogando la pasta con una dose generosa di fonduta di taleggio e spolverate con il crumble di arachidi. Completate con un ciuffetto di basilico a decorazione.

    Bon Appetìt!

  • Fregola sarda con pesce spada, cannolicchi, datterini gialli e rossi e menta

    Fregola sarda con pesce spada cannolicchi datterini gialli e rossi e menta

    A grana fine o più grossa, con acini più o meno regolari è difficile trovare una fregola perfettamente identica ad un’altra. Ottenuta per aggregazione della farina di grano duro, a cui vengono aggiunte di volta in volta piccole quantità di acqua, il processo per la sua produzione a mano ha un qualcosa di mantrico. Gesti regolari ed aggraziati che vengono ripetuti per un tempo apparentemente tendente all’infinito. Viene quindi essiccata o tostata prima di essere confezionata. Un’ottima alternativa alla pasta per un primo piatto a base di frutti di mare, come nella sua versione più classica, ma anche più prosaicamente per un piatto di terra. Io ho scelto questi ingredienti qui.

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di fregola sarda

    300 gr di pesce spada

    250 gr di cannolicchi

    Una dozzina di datterini rossi

    Una dozzina di datterini gialli

    Menta q.b.

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    La preparazione del piatto è estremamente semplice. Cominciate dall’aprire i cannolicchi mettendoli al naturale in una padella già calda e coprendo con un coperchio. Si apriranno in due-tre minuti. Rimuoveteli e conservate l’acqua che avranno rilasciato, filtrandola con un colino a maglie strette.

    Tagliate i pomodori a metà e salateli leggermente dal lato della polpa. Soffriggete in padella uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, quindi fate andare i datterini per pochissimi minuti, giusto il tempo che si ammorbidiscano. Non dovranno sfaldarsi.

    Tagliate il pesce spada a cubetti (rimuovete prima la pelle).  Quindi rimuovete i pomodorini dalla padella e inseriteci i pezzetti di pesce spada, irrorate con l’acqua che avranno rilasciato i cannolicchi. Anche qui per la cottura del pesce, saranno necessari pochissimi minuti. Rimuovetelo dalla padella, come avete fatto per i datterini, e fate asciugare il sughetto restante.

    Scolate la fregola ben al dente, quindi ripassatela in padella nel sugo ed aggiungetevi i datterini gialli e rossi, i cubetti di pesce spada e della menta che avrete poco prima sminuzzato (si ossida velocemente, fatelo all’ultimo istante utile). Amalgamante per bene.

    Impiattate a vostro piacimento e decorate con qualche fogliolina di menta ulteriore.

    Bon Appetìt!

  • Mezze maniche con asparagi, guanciale, formaggio di capra e nocciole

    Mezze maniche con asparagi guanciale formaggio di capra e nocciole

    Riscoperto di recente come alimento genuino e dagli aspetti nutrizionali particolari che lo rendono preferibile rispetto al tradizionale latte vaccino, il latte di capra è da sempre utilizzato per la produzione di formaggi eccezionali dal gusto forte e ruspante. Più che in altri tipi di formaggi, anche rispetto a quelli pecorini che non scherzano in fatto di intensità gusto-olfattiva, è percepibile il sentore del pascolo e del fieno mangiato dall’animale. Può non piacere a tutti, ma utilizzato insieme ad altri ingredienti tendenzialmente dolci, il suo aroma forte viene smorzato bilanciando perfettamente l’abbinamento. Io lo trovo un ottimo succedaneo al parmigiano per alcune preparazioni. Come in questa che vi propongo…

    Ingredienti per due persone:

    250 di mezze maniche

    70 gr di formaggio di capra

    Un mazzo di asparagi da mezzo chilo

    50 gr di guanciale

    Una dozzina di nocciole

    Sale q.b.

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Cominciate col mondare e lavare gli asparagi. Divideteli in tre parti. La parte esterna del gambo, più dura e fibrosa da scartare, quella centrale che utilizzerete per la preparazione di una semplicissima crema e le punte.

    Mettete a lessare in acqua salata le parti centrali del gambo degli asparagi e a stufare le punte. In una padella soffriggete uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, quindi aggiungete le punte ed allungate con mezzo bicchiere d’acqua per agevolarne la cottura. Salate.

    Una volta cotti i gambi lessati, frullateli  col il vostro minipimer con l’aggiunta di qualche cucchiaio di acqua di cottura. La crema dovrà essere fluida e perfettamente liscia. Aggiustate di sale. Tagliate il guanciale a striscioline.

    Quando le punte saranno pronte aggiungete il guanciale per pochi secondi al sugo, quindi rimuovetelo subito per tenerlo morbido (al contrario se lo preferite croccante allungate la cottura in padella fino a che non avrà scaricato gran parte del suo grasso). Tenete da parte anche qualche punta di asparago per la decorazione.

    Mentre la pasta cuoce, grattugiate il formaggio di capra e tritate le nocciole con un mortaio.

    Scolate le mezze maniche al dente, saltatele con gli asparagi, la loro crema e il formaggio di capra. Aggiungete in un secondo momento il guanciale e parte delle nocciole. Amalgamate bene.

    Impiattate a vostro piacimento spolverando con dell’altro formaggio grattugiato, le nocciole e decorando con qualche punta di asparago.

    Bon Appetìt!

  • Risotto allo zafferano con cozze e gremolada

    Risotto allo zafferano con cozze e gremolada

    Trovo che meticcio sia una parola bellissima, non solo foneticamente. Geni che si mischiano tra loro per dar vita a qualcosa che è contemporaneamente più cose e allo stesso tempo una cosa nuova, indefinita, unica. Persone, animali, ma anche arte, cultura, società. Il mezzogiorno d’Italia, ad esempio, è luogo simbolo del meticciato, baricentro e fulcro del Mediterraneo, ha storicamente incarnato il prototipo di una cultura meticcia. Gli spostamenti via mare per secoli sono stati più agevoli e rapidi di quelli via terra e va da sé che le rotte marittime, da ovunque si partisse, venissero quasi calamitate verso le coste del Meridione. E questa storia ce la raccontano i tratti somatici delle persone, l’architettura delle città ed ovviamente la nostra amata cucina. Da meridionale, quindi, con i geni nel sangue di migliaia di generazioni di arabi, egizi, subsahariani, greci, iberici, francigeni (solo per restare ancorati agli ultimi tre millenni) non posso che sposare a pieno l’idea e la ricerca di una cucina meticcia, che mescola le tradizioni locali ad elementi spuri, che mai le sono appartenuti. Ecco, allora, come far arrabbiare i puristi rovinando un bel risotto alla milanese, cestinando l’ossobuco a favore di un volgare mitile. Proprio in questo modo qui.

    Ingredienti per due persone:

    200 gr di riso carnaroli

    Zafferano in pistilli q.b.

    Un chilo di cozze

    Sale q.b.

    30/40 gr di burro

    Pepe nero in grani q.b.

    Per il brodo:

    Una patata grande

    Due carote

    Un gambo di sedano

    Una cipolla

    Sale q.b.

    Per la gremolada:

    Un ciuffo abbondante di prezzemolo

    Uno spicchio d’aglio

    Buccia di mezzo limone

    Olio e.v.o. q.b.

    Preparate il brodo vegetale al solito modo (salate l’acqua). Va da sé che ho evitato il brodo di carne, essendoci le cozze, quindi diciamo che possiamo pacificamente declassare questo risotto alla milanese a semplice risotto allo zafferano. Mettete in infusione in acqua tiepida i pistilli del fiore.

    Preparate nel frattempo la gremolada. Anche qui è necessaria una postilla, nella ricetta originale l’olio non c’è ed è qui presente solo per esigenze di copione. Nel vostro mixer inserite il prezzemolo (solo le foglie), l’aglio, la buccia di limone e il prezioso succo di olive. Fate andare fino ad ottenerne un pesto ben trito.

    Pulite le cozze da incrostazioni varie e rimuovete il bisso. Ripassate più volte sotto acqua corrente. Quindi fate schiudere in una padella ben calda a fuoco vivo (tenetela coperta con il coperchio).

    Filtrate l’acqua che avranno rilasciato e mettetela da parte. Sgusciate le cozze salvandone qualcuna intera (scegliete quelle più piene chiaramente) per la decorazione. Cominciate quindi a risottare. Primo step: la tostatura del riso in padella nel burro fuso.

    Versate i primi mestoli di brodo vegetale e fate asciugare di volta in volta. Quando il riso sarà ormai gonfio, diciamo a tre quarti della cottura, al posto del brodo versate l’acqua delle cozze.

    Quindi l’acqua dello zafferano (filtratela con un colino per evitare che i pistilli si riversino nel risotto).

    A cottura completa, aggiungete le cozze ed amalgamate per bene aggiungendo un altro ciuffettino di burro. Nel frattempo scaldate in un pentolino le cozze col guscio che avevate lasciato da parte.

    Impiattate punteggiando il risotto con la gremolada e decorando con due o tre cozze intere, qualche pistillo di zafferano e del pepe macinato grosso.

    Bon Appetìt!

  • Sartù di riso con fonduta di provolone del monaco

    Sartu di riso con fonduta di provolone del monaco

    Chi mi segue da un po’ e legge i miei leziosi orpelli preliminari alla ricette, sa della mia scarsa resistenza alla tentazioni di acquisto di prodotti tipici, in particolar modo quando mi trovo lontano dalla mia residenza abituale. Così dall’ultima puntatina nella mia amata città natale, ho riportato a casa una preziosa mezza luna di provolone del monaco. Sotto vuoto, per sfuggire alle rigide regole dell’aviazione civile e per non avere l’ansia di consumarla. Inutile che sbrodoli sulla qualità eccelse di questa vera e propria opera d’arte casearia dei Monti Lattari (nomen omen mica per caso) perché presumo che tutti ne abbiate goduto almeno una volta nella vita. Il connubio con il sartù, lo sformato di riso tradizionale della cucina partenopea, mi è venuto cazzeggiando sui social. Un amico aveva postato la foto di quello che aveva mangiato a pranzo e me ne aveva fatto venir voglia. Da lì una rapida controllatina al blog per assicurami che non l’avessi già proposto in un’occasione precedente e, a responso negativo, il piatto di questa settimana era già lì bello che definito.

    Postilla: per presunti puristi ed aspiranti ricercatori del santo graal del sartù, ne esistono diverse versioni, bianco con cuore rosso o totally red, con le polpettine di carne macinata o con i salumi (o con entrambe le cose). In realtà una ricetta originale, come quasi sempre avviene, non esiste, ma ogni famiglia e ogni territorio fa da sé. Non vi “ammoccate” (non so dirlo in italiano) tutto quello che trovate su internet.

    Ingredienti per due persone:

    Per il brodo:

    Una carota

    Una patata media

    Un gambo di sedano

    Mezza cipolla grande

    Sale q.b.

    Per il sartù:

    250 gr di riso carnaroli

    Una passata da 650 gr

    200 gr di piselli (precotti, peso sgocciolato)

    60 gr di salame Napoli (pezzo intero)

    60 gr di prosciutto cotto (fetta spessa)

    80 gr di provolone del monaco

    Un uovo sodo

    Olio e.v.o. q.b.

    Uno spicchio d’aglio

    Parmigiano q.b.

    Burro q.b.

    Pan grattato q.b.

    Sale q.b.

    Basilico q.b.

    Per la fonduta:

    30 gr di burro

    150 ml di latte intero

    Farina 00 q.b.

    30/40 gr di provolone del monaco (grattugiato)

    Iniziate con la decorazione: la polvere di basilico. Al solito modo, in una teglia foderata con carta forno, disponete singolarmente e ben distanziate le foglioline di basilico. Fate seccare in forno a 70/80° (forno statico) per il tempo necessario, fino a che non si sbricioleranno facilmente al tatto (dovrebbero essere sufficienti 30-40 min.). Quindi polverizzate con l’ausilio di un mortaio e setacciate per eliminare eventuali residui fibrosi.

    Preparate il brodo al solito modo, mettete a cuocere un uovo sodo e fate un sugo di pomodoro semplicissimo. Soffriggete in un pentolino uno spicchio d’aglio, rimuovetelo una volta imbiondito, fate asciugare il sugo a fuoco lento.

    Nel mentre preparate l’imbottitura, tagliando a dadini provolone, salame e prosciutto cotto.

    Spadellate, velocemente, in una padella con un po’ d’olio, i piselli. Quindi versatene due terzi nel sugo e tenetene da parte il restante terzo.

    Cominciate a risottare al solito modo. Sciogliete in padella il burro, fate tostare il riso per un minuto, quindi irrorate con il brodo, facendone assorbire un mestolo alla volta.

    Tenete il riso ben al dente, visto che dovrà essere ripassato anche in forno. Aggiungetevi, quindi, parte del sugo di pomodoro (due/tre mestoli dovrebbero bastare) e fate asciugare per bene. Completate con una leggera spolverata di parmigiano.

    Fate raffreddare il risotto per una decina di minuti e nel frattempo imburrate per bene e rivestite di pan grattato le terrine in cui andrete a cuoce il vostro sfornato. Quindi disponetevi il riso, lasciando un’ampia concavità per accogliervi l’imbottitura.

    Riempite con il salame, il cotto, il provolone del monaco, i piselli ed un pochino di sugo sul fondo. Ricoprite con altro riso, una leggera velatura di sugo e un’altra leggera spolverata di parmigiano. Infornate a 180° per 35-40 min.

    Poco prima di sfornare il sartù, preparate la fonduta di provolone del monaco. Preparate al solito modo una besciamella leggera, sciogliendo il burro, versandovi il latte, avendo cura di non farlo bollire, e addensando con la farina 00 (setacciatela prima di versarla). Girate di continuo con una frusta, durante tutta la preparazione, per evitare la formazione di grumi. Quindi in ultimo aggiungete il provolone del monaco precedentemente grattugiato.

    Tirate fuori dal forno il vostro sartù e capovolgetelo sul piatto di portata. Verrà via facilmente se avete fatto un buon lavoro con burro e pan grattato.

    Impiattate irrorando, dapprima con il sugo rosso, quindi con abbondante fonduta al provolone del monaco. Completate con la polvere e con due foglioline fresche di basilico.

    Bon Appetìt!

  • Trottole con baccalà mantecato, olive taggiasche e crumble di noci

    Trottole con baccala mantecato olive taggiasche e crumble di noci

    Ho preso una breve pausa dalle mie produzioni culinarie, non per mancanza di voglia, ma perché me ne sono andato un po’ bighellonando per l’Italia, la nostra bellissima penisola, che offre bellezza ad ogni passo. Ad esempio son capitato qualche settimana fa nella stupenda Padova. Ci ero stato di passaggio una vita fa, senza vedere un granché. Devo dire che, invece, la città è davvero un gioiellino, da visitare assolutamente con almeno un week end pieno a disposizione, visto i numerosi punti di attrazione. Le botteghe di vari generi alimentari che sono disposte nelle gallerie sotto il Palazzo della Regione, uno degli edifici più importanti della città, hanno poi innalzato il tasso di goduria del sottoscritto con tanti prodotti tipici in esposizione, espressione della ricchezza agro-alimentare della territorio circostante. Da Padova mi son portato anche l’idea del piatto che vi presento oggi, rielaborazione del pranzo domenicale consumato in una trattoria appena poco fuori dal centro storico. Ho cercato di apportarvi qualche implementazione e di metterci un po’ di olio di gomito in più. Il risultato è questo qui.

    Ingredienti per due persone:

    250 gr di trottole (o altra pasta attorcigliata)

    300 gr di baccalà

    Olio e.v.o. (in abbondanza)

    Sale q.b.

    Pepe q.b.

    Prezzemolo q.b.

    Due foglie di alloro

    Una trentina di olive taggiasche

    Uno spicchio d’aglio

    Una dozzina di noci

    Pan grattato q.b.

    Cominciate con lo sgusciare le noci per il crumble. Tritate quindi i gherigli nel vostro mixer, aggiungendovi un cucchiaio scarso di pan grattato.

    Otterrete un composto granuloso. Nel frattempo portate a bollore una pentola d’acqua e lessatevi il baccalà per 15/20 minuti a seconda dello spessore dei tranci.

    Scolatelo (conservate un bicchiere d’acqua di cottura) e ripulitelo da pelle e lische. Riducetelo a pezzetti grossolani.

    Avviate quindi l’annosa opera di mantecatura del baccalà. Aggiungendo di tanto in tanto, a filo, l’olio e.v.o. (alla fine ve ne servirà un bel po’) schiacciate dapprima con una forchetta, quindi con una frusta, fino a che il baccalà non sarà completamente in poltiglia. Aggiungete poco alla volta l’acqua di cottura e montate, sempre con la frusta (meglio se elettrica in questo frangente), per inglobare aria. Aggiungete in ultimo il prezzemolo tritato e ad aggiustate con sale e pepe.

    Mescolate per inglobare gli ultimi ingredienti e lasciate risposare. In una padella, quindi, in olio e.v.o. soffriggete uno spicchio d’aglio (toglietelo una volta imbiondito) e ripassate per un minuto o due le olive taggiasche precedentemente (o già) denocciolate.

    Nel mentre l’acqua della pasta arrivi a bollore, preparate il crumble. In una padella antiaderente fate tostare il composto a base di noci, aggiungendo un filo d’olio per compattare. Il crumble sarà pronto quando si sarà scurito in un bel colore fulvo.

    Scolate la pasta, conservando un po’ di acqua di cottura, che vi aiuterà a saltarla insieme alle olive e al baccalà mantecato fino alla giusta cremosità. Aggiungete in ultimo parte del crumble e amalgamate ancora un po’.

    Impiattate a vostro piacimento spolverando con abbondante crumble di noci.

    Bon Appetìt!